Il 2021 non è di certo iniziato nel migliore dei modi per gli appassionati di tennis. Qualche giorno fa Roger Federer ha ufficializzato la sua rinuncia agli Australian Open, che avrebbero dovuto sancire il suo ritorno in campo a quasi un anno di distanza dall’ultima volta.
Il ginocchio del fenomeno svizzero non è ancora al 100%, il che ha indotto la leggenda di Basilea a posticipare ulteriormente il suo rientro in campo nell’anno in cui spegnerà 40 candeline. Il 20 volte campione Slam, che ha mantenuto un posto nella Top 5 grazie al nuovo sistema di ranking indotto dalla pandemia, ha già messo nel mirino Wimbledon e le Olimpiadi di Tokyo, alla ricerca di quell’oro in singolare che ancora manca nella sua ricchissima bacheca.
Stando alle parole del suo agente Tony Godsick, non è escluso che l’ex numero 1 del mondo possa disputare uno dei tornei sul cemento in programma subito dopo l’Australian Open. Intervistato dal settimanale Schweizer Illustrierte, Federer ha tracciato un bilancio del difficile anno appena conclusosi.
Federer: “Ho potuto curare bene i dettagli”
“Già nel 2016 avevo provato cosa significasse rimanere a casa per un lungo periodo di tempo. Devo ammettere che quest’anno è passato abbastanza velocemente per quanto mi riguarda, anche se è stata una situazione completamente nuova per tutto il mondo.
Lo stress è sicuramente diminuito rispetto alla nostra vita abituale. È stato bello vivere come una famiglia normale” – ha raccontato l’otto volte campione di Wimbledon. Federer si è potuto cimentare in tante attività non potendo giocare a tennis: “Ripensandoci, vedo soprattutto gli aspetti organizzativi.
Sapevo ciò che succedeva in famiglia, cosa facevano gli alti, ma stavolta ero io quello attivo. Sono diventato una specie di autista per i miei figli e mi ha fatto piacere ricevere altra gente quando le regole lo consentivano.
Siamo sempre stati felici di incontrare i nostri amici, ma stavolta ho avuto il tempo di curare bene i dettagli: le luci, l’atmosfera, il vino giusto” – ha concluso Re Roger.

A cura di Gabriele Scala