Di Laura Caico
Il mito di Galatea. Come il Pigmalione di Ovidio riuscì a trasformare in donna la bellissima statua eburnea da lui creata grazie all’intervento della dea dell’amore Afrodite, cosi’ il dott. Henry Higgins nel “Pigmalione” di George Bernard Shaw vince la scommessa fatta con il Colonnello Pickering di tramutare Eliza Doolittle – una povera e ignorante fioraia dalla parlata cockney più sgraziata – in una signora che ben figura nell’alta società inglese, lanciando la provocatoria frase «Tu, incarnato insulto alla favella inglese: io potrei farti passare per la regina di Saba»: liberamente ispirato a questi racconti, il testo teatrale “My Fair Lady” composto da Alan Jay Lerner sulle musiche di Frederick Loewe vola – più che mai contemporaneo per i temi trattati, dalle differenze di classe al riscatto sociale, dall’amore impossibile che travolge gli ostacoli al superamento di ogni barriera fisica, mentale, emotiva – sulle ali di un fantastico adattamento italiano di Vincenzo Incenzo, con la scintillante “rivisitazione” del regista A.J. Weissbard . Tra le nebbie di una Londra fin de siècle, in un’atmosfera soignèe resa più elettrizzante dalle coreografie di Gianni Santucci che trasportano gli spettatori in un mondo – onirico seppur reale – in cui passato e presente combaciano contaminandosi a vicenda, inizia il percorso che cambierà la vita di Eliza, decisa a migliorare la propria vita affidandosi all’eccentrico professore di fonetica (che ricalca la figura del fonetista Henry Sweet realmente esistito e famoso per la ricerca sui suoni delle lingue): la ragazza, consapevole della sua mancanza di cultura, si presenta a casa di Higgins pronta a pagarsi le lezioni di dizione e comportamento ma il professore rifiuta finchè – sfidato da Pickering che si assume l’onere di pagare personalmente le lezioni, il vitto e l’alloggio della ragazza – cede , sottoponendola a lunghe e sfibranti sedute di apprendimento che, pur lasciandola sfinita, non intaccano minimamente la sua determinazione, portandola invece ad innamorarsi del dispotico insegnante. Ed ecco avverarsi la metamorfosi in cui Eliza – come Galatea – nasce a nuova vita, trasformandosi in una favolosa entità femminile che finirà per fa capitolare il riluttante e tirannico pigmalione, un uomo profondamente solo che viene toccato dalla corda vibrante dell’amore. Dominatrice assoluta di questa celebre comedy of manners sul palcoscenico del Teatro Augusteo di Napoli (dove rimarrà sino al 10 marzo 2024) l’incantevole Serena Autieri, giunta a piena maturità artistica, che volteggia in scena recitando, danzando e dando prova della sua raffinata preparazione vocale, che la contraddistingue sin dai suoi esordi come cantante – molto apprezzata e in continua ascesa – nei ritrovi musicali della sua amata Napoli.
Esaltata dalla produzione di respiro internazionale del marito e manager Enrico Griselli, con l’inedita partecipazione della figlia Giulia, deliziosa debuttante che ha festeggiato il suo compleanno in scena, l’Autieri si affianca con brio e vivacità al possente Ivan Castiglione nel ruolo dello scorbutico fonestista, a Manlio Dovi’ perfetto colonnello Pickering, al convincente Gianfranco Phino nei panni di Alfred Doolittle padre sfaccendato e incurante della figlia, alla divertente e sarcastica Fioretta Mari, una “tranchante” Mrs. Higgins, ai bravi Clara Galante e Luca Bacci interpreti di Mrs. Pearce e Freddy Hynsford- Hill.