Il 25 aprile 2023, per l’Anpi di Napoli, ha un significato particolare. Cade nell’80esimo delle Quattro Giornate, che – come si sa – non furono episodio marginale della storia del nostro Paese, avendo difatti dato capo al movimento della Resistenza. C’è il rischio, tuttavia, che questa data passi sotto silenzio, perché troppi elementi di distrazione, a volte annidati anche nelle istituzioni, concorrono a promuovere interpretazioni e narrazioni alterate di una storia, spesso, revisionata per fini personali. Con sguardo all’indietro, per molto tempo, il 25 Aprile ha segnato la data di una ricorrenza vissuta come coesione, come incontro della comunità, come riflessione su
quanto è stato e contemporanea
occasione per parlare di futuro, di
come costruirlo o di come
migliorarlo. La parola Resistenza si
svelava e si definiva in tutto il suo
significato storico e culturale;
viveva cioè come sinonimo di uno
star saldo in democrazia, contro le
mafie, i terrorismi, i razzismi, i
fanatismi religiosi, la corruzione. E
a supporto concorrevano anche le
facce dei nostri padri contrite in
una smorfia dura di ricordi: essi si
incontravano e rivedevano in
retrospettiva i luoghi delle
sofferenze, le purghe del fascismo, i
patimenti delle trincee o dei campi
di prigionia, la lunga e tormentata
strada del ritorno a casa (a molti
negata!). Anche le nostre madri
ricordavano la guerra che avevano
vissuto senz’armi, la fame, i
bombardamenti, cuori accelerati, i
tedeschi inferociti in ritirata, i beni
perduti, il lutto che ancora segnava
la mente e il cuore. Giunse, poi, il
tempo in cui i ricordi cominciarono
a confondersi; le facciate dei
palazzi bruciati dalle bombe si
colorarono di nuova luce mentre,
all’opposto, molte lapidi e cippi
marmorei si stingevano insieme ai
nomi dei martiri che vi erano stati
scolpiti. A scuola si continuò a
insegnare che “l’Italia è una
Repubblica democratica” e che “la
sovranità emana dal popolo ed è
esercitata nelle forme e nei limiti
della Costituzione e delle leggi”.
Calò, però, quasi una cortina di
silenzio su quanto accaduto a Nola,
ad Acerra o a Teverola; si
sbiadirono i ricordi legati a nomi
come Sirina Angora (una
diciottenne di Ponticelli , che
sottrasse bombe a un mezzo
tedesco), di Giuseppe Oliva (caduto
a 11 anni), dei fratelli Gennaro e
Giuseppe Varriale (uccisi a colpi di
mitraglia alla Pigna) o della
Superiora del convento di Santa
Maria delle Periclitanti , suor Maria
Antonietta Roncalli (che si rese
spergiura di fronte ai nazifascisti,
pur di salvare la vita ai tanti giovani
nascosti nelle cantine del suo
monastero.