II gesto disperato di un’adolescente nel Torinese: morta con una cintura La procura indaga per istigazione al suicidio. Lo zio; prigioniera dei social) Dodici anni, tante vite in una. Maria che giocava a pallavolo. Maria che studiava: secondo anno delle medie. Maria che era chiusa. Maria che stava ore al telefono. Maria inseguita dalla voce della mamma che chissà quante volte le ha urlato: «Basta con Tik Tok», vieni a mangiare, studia, fatti ladoccia. Sbrigati. Maria s’è uccisa l’altra sera. La cintura dell’accappatoio legata ad una mensola. Il corpo senza vita. L’hanno trovata i genitori, era l’ora dicena. E adesso son tutti lì a chiedersi il perché e il percome. Son tutu davanti alla casa di Borgofranco d’Ivrea, dove Maria abitava. Carabinieri, curiosi, amici. La procura. E quel che era partito come tam-tam – «è stato un gioco, una sfida nata su Titk Tok» nelle ore cambia forma. Diventa qualcosa di più grande, di abnorme. Più sconvolgente ancora. Maria voleva morire. Ne aveva parlato con due amiche. Avevano – sospettano adesso gli investigatori – organizzato una sorta di rito. Uccidersi insieme. Nellostesso istante. Dare un calcio al mondoe ruggire via. Ecco, è qualcosa di più di un sospetto. È la strada maestra di ogni indagineche si farà. Ci sarebbero chat su questo argomento. Un gioco, all’inizio, forse. Una scelta definitiva maturata domenica. Ma poi le amiche avrebbero detto no. Chi ha incontrato le ragazzine parla di loro come di bambine sconvolte, spaventate. Fragili come cristalli. Impossibile capire adesso dove inizia e finisce la verità. Tace sui con torni di questa storia il procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando. «Abbiamo aperto un fascicolo contro ignoti che eventual mente potrebbero averla aiutata, favorita o istigata a questo suo gesto estremo», dice. Niente di più, niente di meno. Tik Tok, c’entra qualcosa? «Al momento non sembra emergere l’elementodel- la sfida sui social». Ma poi vai sapere se è davvero così. E se non ha ragione lo zio di Maria che vede in quel social l’unica causa di questa tragedia: «Era Punico che aveva scaricato. Stava tutto il giorno attaccata al telefonino». Piange: «Quanti ragazzi dovranno ancora morire prima che lo blocchino, che lo bandiscano, che lo oscurino? Quanti?». Intanto, si scava nella vita Maria. E saltano fuori storie di affanno, di male di vivere. Di disagio. Si parla di tagli sulle braccia. Di episodi di «autolesionismo» come dicono gli esperti. Se questo, però, siastato nel corsodeltempo al centro di approfondimenti psicologici, nessuno per ora lo sa. Borgofranco per ora guarda sotto choc la casa di Maria. Dove per tutto il giorno vanno e vengono Ìnvestigatori, parenti, curiosi. I primi cercano computer e telefoni, esplorano le chat, frugano tra ² libri e ² quaderni di Maria, negli zaini, nei cassetti, in cerca di qualcosa che aiuti a far luce. Che sveli perché, a 12 anni, davanti a tevedisoloilbuio. I parenti dribblano tu iti, invece. Parlare, in queste ore, è impossibile.