di Elia Fiorillo

Sì, le “rogne” Matteo Renzi se le va proprio a cercare. Anche quando potrebbe farne a meno. Anche quando potrebbe raccontare i suoi mille giorni passati a Palazzo Chigi, a governare un Paese non certo facile, senza sparare a destra e focus-1manca. Senza alzar polemiche sui suoi predecessori, o robe simili. Perché alcune intuizioni il suo governo le ha avute. Iniziative valide ci sono state, ma passano in second’ordine proprio perché la “vis polemica” dell’ex presidente del Consiglio ingloba tutto e mette in second’ordine le azioni, i fatti, che dovevano essere raccontati per quello che sono, senza aggiunte super critiche che finiscono per snaturare il tutto.

Il libro di Matteo Renzi, “Avanti, perché l’Italia non si ferma”, è la storia di un uomo solo al comando del Paese – anche se Renzi sostiene nella pubblicazione proprio la tesi opposta – che ha cercato di sradicare un vecchio modo di far politica, dove “i salotti romani” e non, frequentati dai soliti noti, provavano, e continuano a farlo – spesso riuscendoci –, a determinare i destini di un’intera comunità. Un libro puntiglioso sulle tante iniziative che il governo ha realizzato ma anche sulle sconfitte subite, a partire dal referendum. Ecco, in sintesi, i punti positivi e negativi, secondo l’ex sindaco di Firenze, della sua azione di governo.

“Primo punto, positivo: il carico fiscale”. “Tutti promettono in campagna elettorale di abbassare le tasse, noi lo facciamo sul serio”.

“Secondo punto, negativo: le banche”. “Ci affidiamo quasi totalmente alle valutazioni e alle considerazioni della Banca d’Italia… E questo è stato il nostro errore…”.

“Terzo punto, positivo: il lavoro”. “…basta una norma di semplificazione del mercato del lavoro, il Jobs Act, per ottenere 800.000 posti di lavoro in più e dimezzare le ore della cassa integrazione”.

“Quarto punto, negativo: la scuola”. “…nessuno ha messo tanti soldi come noi sulla scuola e sull’edilizia scolastica. Eppure non ha funzionato”.

“Quinto punto, positivo: i cantieri”. “Ho iniziato a fare i sopralluoghi nei cantieri almeno un paio di giorni al mese”.

C’è poi il “mea culpa” giustificatorio sul referendum: “Il mio vero errore è stato non leggere in tempo la politicizzazione del referendum”. Meglio dire i possibili risultati della politicizzazione referendaria. Perché fu proprio il presidente del Consiglio ad imprimere una marcia, diciamo così, non tecnica ma politica a quel referendum confermativo. Sarebbe bastato per depotenziare il rischio politicizzazione, il “sì” o “no” contro Renzi, che la domanda referendaria non fosse unica ma articolata sulle varie tematiche referendarie: abolizione del Cnel, modifica del Titolo V della Costituzione, ecc.. No, in quel caso non ci fu un errore ma un calcolo risultato poi sbagliato.

Alla cena di saluto del presidente degli Stati Uniti alla delegazione italiana alla Casa Bianca c’era anche Roberto Benigni. E che disse Benigni a Obama? “Stai attento, Barack, questo che hai accanto è un pericolosissimo dittatore. Lo sappiamo tutti in Italia. Facciamo anche un referendum per questo”. In fondo a certe battute scherzose c’è sempre un pizzico, anche minimo minimo, di verità.

Scriveva Oscar Wilde: “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante e che se ne parli”. Sembra proprio questa la traccia di pensiero dell’ex boy scout che non si rende conto che così facendo butta al vento anche le cose buone che ha realizzato. E, utilizzando quel suo modo di fare, tradisce anche il pensiero del fondatore degli scout, Robert Baden-Powell: “Lasciare un po’ migliore il mondo di come lo si è trovato”. Certo, non lasciarlo in balia delle polemiche.

Chi scrive ha avuto la possibilità di frequentare le riunioni delle parti sociali a Palazzo Chigi, all’epoca del governo Berlusconi. Quando l’allora Cav. stava per “scantonare” per qualche provocazione del segretario generale della CGIL Cofferati o di altri, c’era il fido consigliere Gianni Letta che interveniva, stringendo il braccio al presidente per bloccarlo e contemporaneamente lanciando qualche invito per far ritornare la discussione nel binario dell’ordine del giorno. Berlusconi si calmava, sorrideva e, a volte, cominciava a raccontare amenità. Chi ha il “potere” di bloccare il braccio e di far riflettere Matteo Renzi?

Dice a Renzi Oscar Farinetti: “Tu hai questa capacità di stare antipatico a tutti quando vinci. Ma quando perdi sei il numero uno… Dovresti perdere più spesso”. Già ha perso abbastanza l’ex presidente del Consiglio, dovrebbe solo, quando è in sella vincente, pensare e comportarsi come quando perdente riflette sulle sue sconfitte. Troppo difficile?