Ci sono il filato che nasce dal mare e il nylon rigenerato dagli scarti di produzione, i
campioni di vecchi tessuti che diventano patchwork per giacche e
camicie e i coloranti derivati da terra e piante. La moda
maschile sta vivendo una vera e propria svolta green, dovuta non
soltanto a una maggiore richiesta da parte dei consumatori, ma
pure a una necessita’ delle aziende di rendersi piu’ sostenibili,
scoprendo nuovi materiali e processi produttivi. Per le
collezioni autunno-inverno 2022-23, in mostra a Pitti Uomo 101
da domani al 13 gennaio alla Fortezza da Basso di Firenze, la
sostenibilita’ non e’ piu’ solo un claim per attirare consumatori,
ma una vera e propria mission.
Sono 540 i brand presenti – 151 provengono dall’estero -, con
37 che partecipano sulla piattaforma online Connect. E vista la
forte richiesta, in Fortezza c’e’ anche un’area speciale dedicata
alla sostenibilita’ . Tra i brand cult in questo settore c’e’
Ecoalf, nato nel 2009 da un’idea di Javier Goyeneche. La novita’
e’ la collezione premium Ecoalf 1.0: la cappa Que e la tunica Chi
sono state interamente create da quello che l’azienda chiama il
‘filato del mare’, fatto di bottiglie di plastica recuperate dai
fondali marini grazie al progetto Upcycling the Oceans della
fondazione. Anche Paul & Shark guarda a una moda responsabile
con la nuova maglia ibrida realizzata con filato e tessuto
Tyhpoon Save the Sea, ricavato dalla conversione di bottiglie di
plastica recuperate in mare. Svolta green anche per Colmar che
lancia Recycled Essential, la linea sostenibile che propone
tessuti biodegradabili e naturali, riciclati o riciclabili.
In effetti l’altro grande tema e’ l’upcycling: si cercano
scarti di tessuti e si riutilizzano per nuovi capi. Per il brand
Maxime, l’85% dei tessuti usati per i completi sartoriali e’ di
stock, cosi’ come i capi di Kseniaschaider, tutti upcycled
prodotti a Kiev. “Abbiamo costruito un atelier di produzione di
massa upcycled con moltissime tecniche e innovazioni uniche –
spiegano dall’azienda -. Pratichiamo una filosofia Zero Waste e
riusciamo a rielaborare le nostre rimanenze e i campioni di
tessuto in patchwork”. Il brand di maglieria Waste Yarn Project
usa filati che provengono da scarti di produzione e campionature
del sistema moda.
Poi i processi produttivi: tra le tecnologie piu’ utilizzate
nel mondo della moda ci sono le tinture, ma come renderle
sostenibili? Curious Grid propone pezzi ispirati agli anni ’70
usando il tie-dye con colori naturali, cosi’ come il giovane
brand Philip Huang che preserva le tradizioni thailandesi del
tye and dye tingendo i suoi capi urban con tinture naturali e
non chimiche. “Seimila anni fa i nostri antenati hanno scoperto
l’indaco. Prima c’erano tinture di fango e altri coloranti
derivati da terra e piante. – spiega -. Saputo questo, e’ strano
che la maggior parte dei coloranti sugli abiti siano sintetici e
prodotti in fabbrica. La natura guida la narrazione, non siamo
noi a farlo”.
Ma il look green riguarda non solo gli abiti, persino gli
accessori: le scarpe Umoja sono al 100% vegetali, totalmente
ecologiche. Niente materiali sintetici o plastica riciclata,
prodotti chimici o metalli, solo cotone biologico, lino, canapa
e latte di hevea derivato dalla pianta della gomma, e tinture a
base di piante e minerali. Il brand Dis invece lancera’ ‘Terra’,
la sneaker biodegradabile all’80% in 180 giorni, Junk presenta
invece la prima collezione eyewear eco-responsabile realizzata
al 100% in nylon rigenerato da scarti.