Il 20 agosto del 1929, nasce a Napoli, quartiere San Ferdinando, zona Santa Lucia come ama precisare il protagonista della storia, l’esemplare tipico dell’intellettuale partenopeo. Luciano de Crescenzo, figlio di un fabbricante e negoziante di pellami, ha svelato negli anni e a modo suo, ogni dettaglio della sua biografia: dai genitori che si conoscono “in fotografia” grazie a una popolare sensale del tempo fino alle marachelle col compagno di scuola Carlo Pedersoli in arte Bud Spencer; dall’apprendistato nella ditta del padre ai brillanti studi in ingegneria idraulica passando per i giorni di guerra a Cassino. Dietro l’aria sorniona e un personaggio minuziosamente costruito negli anni, l’ingegner De Crescenzo è prima di tutto un umanista che ha fatto dell’ironia e della divulgazione le sue bandiere espressive, intingendo il tutto in un umorismo sapido e colto che diventa popolare e “da strada” con la levità tipica della sua cultura che, negli anni, ha sempre più spesso fatto risalire alla filosofia greca tradotta nel buonsenso comune.
Con una scelta anticonformista, dopo aver fatto carriera da
informatico alla IMB, lascia il lavoro e si dedica alla
scrittura usando le armi del surreale e del paradosso in “Così
parlo Bellavista” (1977). Lo scopre Maurizio Costanzo che lo
trasforma in opinionista nel suo programma di successo “Bontà
loro”. La simpatia bonaria del personaggio, la complicità con il
conduttore e l’oggettivo successo delle qualità narrative di De
Crescenzo portano il libro a vendere oltre 600.000 copie e
l’autore a ripetere il suo “doppio” letterario in nuove storie
mentre la passione per il cinema e la frequentazione della tv lo
incitano a passare dietro la macchina da presa. Avverrà proprio
con “Bellavista” nel 1984 ma prima, con la complicità dell’amico
Roberto Benigni e poi con la guida di Renzo Arbore, mette a
fuoco le sue doti di attore e improvvisatore ne “Il Pap’Occhio”
(1980) per poi ritrovare gli stessi amici tre anni dopo in
“FF.SS” sempre con la regia di Arbore. Nel 1984, Luciano si
mette in proprio adattando per lo schermo “Così parlò
Bellavista” seguito nell’85 da “Il mistero di Bellavista”. Sono
commedie di buon successo ma in fondo non soddisfano la passione
del divulgatore culturale che è in lui e che si sfoga invece in
una lunga serie di best seller tra la narrativa, la barzelletta
e la saggistica, attingendo sempre più spesso agli umori della
cultura partenopea e al mito della Magna Grecia. Proverà a
coniugare le sue passioni più sofisticate nel surreale “32
dicembre” del 1988 che è un trattatello a episodi sulla
relatività del tempo ispirato a un’altra delle sue prove
letterarie: “I dialoghi di Bellavista”. Luciano De Crescenzo
firmerà il suo ultimo film, e il più personale, nel 1995 con una
delle amiche più care, Isabella Rossellini, e Teo Teocoli:
“Croce e delizia”. In compenso da allora ha trovato in Lina
Wertmuller una nuova complice che per due volte lo ha convinto
ad apparire nei suoi film, “Sabato, domenica e lunedì” e poi
“Francesca e Nunziata”. Sempre attivo sul fronte editoriale con
un totale di 50 libri pubblicati, De Crescenzo ha invece
drasticamente ridotto e poi annullato le sue presenze in tv fin
dal 2007. L’autunno del patriarca non è dei più felici: una
noiosa e persistente malattia neurologica ne ha limitato quella
socialità immediatamente intima che tante soddisfazioni gli ha
regalato e il suo compleanno deve e può essere l’occasione
perché tutti coloro (e sono tantissimi) gli hanno voluto bene
restituiscano a Luciano De Crescenzo il suo onore di sofisticato
e popolarissimo intellettuale partenopeo, erede dei Caccioppoli,
dei Croce, Rea, La Capria e di una cultura che ha le sue radici
nella culla del Mediterraneo.