‘Green is the new black’. L’ultima svolta della moda non arriva dalle passerelle
dell’haute couture di Milano o di Parigi ma direttamente dal
palazzo della Commissione europea, che nel tentativo di spingere
la sostenibilita’ dice addio alla ‘fast fashion’ e indica il
verde come colore prioritario di tutte le future collezioni. E
per verde si intende: una produzione sostenibile, indumenti che
durano di piu’ , tessuti con un maggior tenore di fibre riciclate,
e piu’ riuso possibile.
Con un’attesa comunicazione per prodotti tessili sostenibili
e circolari, l’esecutivo Ue anticipa alcuni orientamenti per
l’intero mondo della moda con l’obiettivo di cambiare i metodi
di produzione e ridurre l’impatto sull’ambiente e anche la
dipendenza dell’Ue dalle materie prime importate. Che, a guerra
in corso, male non fa. Il primo messaggio di Bruxelles e’ che la
‘moda veloce’ e’ fuori moda. E l’industria, soprattutto quella
parte che “negli ultimi due decenni ha costruito i modelli di
business capitalizzando sull’introduzione sul mercato di un
numero crescente di linee e micro collezioni”, dovrebbe fare
retromarcia e ridurre il numero di collezioni per anno.
Promuovendo anche abiti vintage, di seconda mano. Una direzione
che, secondo il vicepresidente della Commissione Ue, Frans
Timmermans, responsabile per il Green Deal, e’ gia’ stata
imboccata dalle grandi case di moda e dagli stilisti piu’
importanti. Che “stanno gia’ cambiando il design, hanno gia’
capito che siamo in un mondo diverso”, in cui la sostenibilita’
“e’ necessaria” ma e’ anche “voluta dal consumatore”. Nelle linee
guida Ue vengono allora indicati livelli minimi di utilizzo di
fibre riciclate, il divieto di distruzione dei prodotti
invenduti, un passaporto digitale del prodotto basato su
requisiti informativi obbligatori sulla circolarita’ e altri
aspetti ambientali chiave, azioni per affrontare il rilascio
involontario di microplastiche dai tessuti, con misure come il
prelavaggio negli impianti di produzione industriale. La moda,
insomma, precisa il politico olandese citando Coco Chanel,
“svanisce” e “resta lo stile”. A vantaggio, secondo la
Fondazione internazionale Changing Markets, non solo
dell’ambiente ma anche “dell’industria italiana e del suo
approccio tradizionale alla produzione di capi di alta qualita’ “.
Se fin qui si tratta di orientamenti, l’intenzione dell’Ue e’
di preparare al piu’ tardi per il 2024 le nuove norme vere e
proprie. L’urgenza e’ spiegata con una percentuale sola: al
momento il tasso di riciclo nel settore e’ all’1%. Va da se’ che,
avverte il commissario Ue per l’Ambiente, Virginijus
Sinkevicius, “l’industria deve assumersi piu’ responsabilita’ “.