La nautica cresce in pandemia, e per tanti motivi. Innanzitutto, dato lo stop prolungato dei flussi turistici, si è allargata la fascia di reddito di chi può permettersi una barca, la cui domanda, in certi cantieri, arriva a «doppiare l’offerta. In sostanza, i soldi risparmiati nei viaggi vengono reinvestiti nella spesa di un bene rifugio. Inoltre, ed è un fattore sociologico che getta luce sulle vacanze del prossimo futuro, il mare aperto isola e riunisce, e in questo senso garantisce distanziamento alle famiglie che intendono passare tempo assieme senza rischiare contatti con estranei. Come si nota dalle acque del Golfo tulttratto che deserte, vanno bene anche chartering e barche a vela, nell’ottica di un tempo libero che nel post-Covid si profila composto da comitive e non più da masse, da gruppi organizzati e non più da folle eterogenee. Restano comunque delle criticità nel settore della nautica, e sono legate ai posti di lavoro in calo tra i progettisti e all’aumento dei costi di affìtto dei container cinesi. Le vendite non solo resistono, ma sono in attivo. Secondo i dati , il fatturato della nautica è cresciuto del 7,8% in Campania nel solo 2020 (nonostante le restrizioni e del 9,3% dal 2016 a oggi. Un aumento del giro d’affari che all’ombra del Vesuvio è superiore dell’l,3% a quello medio nazionale (che è dell’8%). Un trend che in proiezione si annuncia ancor più promettente, I numeri del Mit vedono la Campania seconda in Italia (dietro alla Liguria e davanti alla Toscana) per numero di barche (con 15.046 unità) e per iscrizioni di naviglio da diporto (pari al 15,6% del totale nazionale). Altro dato (Mit) da non sottovalutare, a Napoli l’indice dei posti barca è sceso al di sotto dell’I a 1; in città una barca su 4 non trova ormeggio. Secondo il Cna, dal 2014 al 2018 la crescita del comparto era stata del 33,1% (con un +72% di made in Italy), e del 14% tra 2017 e 2018. «La Campania ha un valore aggiunto grazie alla nautica – spiega Gennaro Amato, presidente Afina (Associazioni Filiera Italiana Nautica) – Generiamo quasi il secondo Pii regionale, ma quello che conta è un altro dato. Il compratore di barca è, di fatto, un investitore di spesa di alto profilo che genera un volano economico significativo. L’acquisto è solo un primo passo dell’indotto, che si estende ad assicurazioni, consumi, equipaggiamento di bordo, costo dell’ormeggio, manutenzione. Se poi aggiungiamo ² servizi di terra, dai ristoranti agli alberghi, la nautica può diventare traino della ripresa economica del territorio». Mercato dell’usato in fermento, offerta dei natanti nuovi superiore alla domanda, soldi risparmiati e fattore psicologico post-Covid. La barca, per efietto-Covid, sta diventando un bene per tanti. In certi casi i costi possono «superare di poco quelli di uno scooter – racconta Renato Martucci, commerciale di Nautica Gagliotta – Se parliamo di un usato di circa 7 metri si parte dai 7mila euro. Mentre per una barca di 16 metri si arriva ai 70mila euro circa, sempre usata. Il trend della nautica da diporto si è mantenuto attivo. Nel post-Covid saremo tra i settori favoriti. Alla tradizionale passione napoletana per le barche, si aggiunge il fatto che il mondo è cambiato e il distanziamento sarà una nuova forma di educazione. Quest’annoandranno a mare in tanti: la barca non sarà più un bene del ricco, ma anche di giovani o famiglie dagli introiti medio-alti». «La domanda doppia l’offerta – rivela Domenico Senese, titolare del Cantiere Mimi – Noi produciamo 100 barche all’anno, e cene hanno chieste 200. Ovviare non è facile; mancano m otori e quantità di pezzi, visto l’aumento delle richieste su scala mondiale.