Se mi denunci tè la faccio pagare. Trasferito in carcere già sottoposto agli arresti domiciliari in vicolo Plebiscito. Il ragazzo ora è accusato di maltrattamenti m famiglia, lesioni personali e – appunto – minacce gravi. Per comprendere appieno la vicenda di cui si è reso protagonista bisogna immergersi nell’inferno che si è materializzato nel piccolo appartamento del quartiere ‘Rosario’ condiviso con la fidanzata. Attorno alle 10 e 30 al commissariato di polizia del rione Salicelle giunge telefonicamente la segnalazione di un’aggressione in corso ai danni di una donna. La sala operativa invia subito sul posto una pattuglia. Giunti in vicolo Plebiscito, gli agenti trovano una donna che riferisce loro che sua nipote, all’interno dell’appartamento al primo piano, è vittima di un pestaggio ad opera del compagno. Quindi i poliziotti si dirigono nell’abitazione degli orrori. E’ proprio la vittima ad aprire la porta: è insanguinata, visibilmente sotto choc e tra le braccia stringe la figlia di appena quattordici mesi. L’appartamento è in disordine: la cucina è completamente in subbuglio, tanto che sul pavimento c’è il televisore col in piedistallo spezzato. La porta della camera da letto è divelta, le mattonelle invase da indumenti. Alla vista degli agenti l’aggressore va letteralmente in escandescenza: “Hai chiamato le guardie? – chiede alla vittima – Se mi denunci tè la faccio pagare”. E poi giù con altre offese di stampo sessista nei confronti della ragazza, apostrofata come una poco di buono, brava soltanto a soddisfare le pulsioni sessuali maschili Allora gli agenti provano a sedare gli animi e a bloccare il violento. La vittima lancia un sos disperato ai poliziotti: “Aiutatemi, non ce la faccio più “, sussurra all’orecchio di un uomo della Madama Nel frattempo fuori dall’abitazione si crea un capannello di parenti. Arriva anche la madre della ragazza che provvede ad accompagnare la figlia al pronto soccorso della Villa dei Fiori di Acerra. Il suo aguzzino le ha provocato ferite al volto e al labbro superiore guaribili m sei giorni. Inizialmente, però, la giovane non vuole sporgere denuncia. E’ il lavaggio del cervello che entra in circolo e prende il sopravvento. Non vuole che il compagno finisca in carcere, malgrado continui a raccontare cosa ha appena subito. Poi toma serena e la vicenda prende la svolta definitiva quando varca la soglia del commissariato: la giovane parla, raccoglie il coraggio a due mani senza trascurare i dettagli (“mi ha preso a calci e pugni “), tira fuori tutto il male che l’ha travolta negli ultimi mesi. Dopo le manette, il pm di turno dispone il trasferimento del 21enne a Poggioreale. L’incubo è finito.