Non è certo una novità che “tra i due litiganti il terzo gode”. Una cosa del genere succede spesso e potrebbe capitare anche nel MoVimento grillino. Sulla scena ben in vista c’è Giggino Di Maio, un po’ malconcio ultimamente per via dei problemi capitati al papà. Ma anche per il super attivismo del collega Salvini che, a detta dei pronostici, alle europee dovrebbe portare la Lega alle stelle. Mentre per i 5Stelle i consensi sono in calo.

C’è poi Dibba, ovvero Alessandro Di Battista, pronto a rientrare in campo fisicamente. A Natale rincasa dal Sud America, ma non si è capito bene se si ferma in Italia per riprendere l’attività di “politico” o riparte per un altro dei sui viaggi. La lontananza non gli ha nociuto. Anzi, l’ha rafforzato, per certi versi, con le sue puntuali uscite scenografiche. In una di queste ultime ha chiamato i giornalisti “puttane” per gli attacchi ingiustificati, a suo avviso, rivolti alla sindaca di Roma Raggi. “Ho utilizzato – sostiene – un termine forte perché alle volte il turpiloquio permette di fissare un concetto in maniera più chiara, ma non mi riferivo affatto a tutti i giornalisti”. Di spettacolo Dibba se ne intende essendo laureato in discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo. Il turpiloquio fa spettacolo, secondo lui, e quindi fissa meglio i concetti. Una volta era qualcosa di disdicevole oggi è “didattica”.

Né Di Battista, né Di Maio litigano tra di loro apertamente. Non conviene ai due, anche se è pensabile che ci siano un po’ di questioni in cui hanno posizioni totalmente diverse. Certo è che Giggino pensa a Dibba come sindaco di Roma. Lo ha fatto quando Virginia Raggi correva il rischio di essere condannata per l’accusa di falso nel processo di primo grado in cui era imputata per la vicenda della nomina di Renato Marra – fratello dell’ex braccio destro della sindaca, Raffaele – alla direzione del Dipartimento turismo. Lo rifarà, Luigi, allo scadere del mandato di donna Virginia, sempre che le cose restino allo stato attuale. Insomma, un modo per liberarsi e vincolare un soggetto scomodo come il “rivoluzionario” Dibba.

Se anche Di Maio riuscisse a sistemare il “viaggiatore” Alessandro per non avere problemi di leadership, non è detto, come accennavamo prima, che non possa scendere in campo un terzo uomo. Per la verità in gioco c’è già, in un ruolo istituzionale importante, quello di presidente della Camera dei deputati. Parliamo di Roberto Fico, napoletano, ala di sinistra, quella considerata ortodossa dei grillini. Fico si è detto favorevole ai matrimoni di coppie delle stesso sesso. Stesso discorso per le adozioni. E’ favorevole all’eutanasia ed allo “ius soli”. Insomma, proprio l’incontrario di quello che predica il compagno (di Di Maio) Matteo Salvini.

Sono passati tredici anni da quando nel 2005 Fico fonda a Napoli uno dei 40 meetup “Amici di Beppe Grillo”. Crede nel “MoVimento del cambiamento” e s’impegna con tutte le sue forze perché possa decollare in una realtà difficile quale quella campana. Nel 2010 si candida a presidente della Regione Campania portando a casa un misero 1,35% di voti. Nel 2011 ci riprova a candidarsi, stavolta come sindaco di Napoli ed ottiene più o meno gli stessi risultati elettorali dell’anno prima: 1,38%, non superando il primo turno. Da allora però tant’acqua è passata sotto i ponti.

L’ultima polemica che lo vede protagonista contro il duo Salvini-Di Maio è il “decreto sicurezza”. A chi gli chiedeva se l’assenza alla votazione finale del provvedimento doveva essere considerata una presa di distanza dallo stesso, la risposta è stata perentoria: “È una presa di distanza, non ne ho parlato prima perché sono presidente della Camera e rispetto il mio ruolo istituzionale fino in fondo… “. Si può ben immaginare lo stato d’animo di Luigino Di Maio che ha dovuto registrare che ben quattordici dei suoi alla Camera non hanno votato il testo. Dice Salvini a proposito del provvedimento: “Io non capisco davvero quale sia il problema: allontana i delinquenti e aumenta la lotta a mafia, racket e droga”. E, maliziosamente, ipotizza che il presidente Fico non abbia letto il testo del decreto. “È chiaro che l’ho letto il decreto – gli replica Fico-, li leggo i provvedimenti. Ma ci sono tante cose che non avrei voluto leggere al suo interno..”. La battaglia è appena all’inizio, e “tra i due litiganti…”.

A cura di Elia Fiorillo