Si è tenuto oggi all’ospedale Cardarelli il convegno sull’impatto che l’autonomia differenziata potrebbe avere sulla Sanità del Mezzogiorno. Dagli interventi dei relatori sono emerse fondate preoccupazioni sulle conseguenze negative che potrebbero derivare alle regioni meridionali dal meccanismo di ripartizione delle risorse che verrebbe introdotto con la riforma.

In sostanza già oggi le Regioni del Mezzogiorno ricevono una quota di finanziamento per la sanità inferiore a quella delle aree settentrionali del Paese e possono contare su un minore numero di medici e infermieri. La Campania, in particolare, in base ai dati prodotti da Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, è la regione che ha meno medici (-15% sulla media italiana) ed infermieri (-41% sulla media italiana) rispetto a tutte le altre, in considerazione del numero di abitanti. Tale condizione è frutto di un sottofinanziamento del sistema sanitario regionale che dura da moltissimi anni. Ha detto Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE “L’Italia è uno dei Paesi dell’area OCSE che destina meno risorse al proprio Sistema Sanitario Nazionale. La Campania è poi la Regione che riceve meno risorse tra tutte per l’assistenza sanitaria. Il progetto dell’Autonomia Differenziata così come si sta delineando potrebbe causare un’ulteriore riduzione del finanziamento per le regioni italiane del Mezzogiorno, determinando un ulteriore peggioramento dei servizi sanitari”.

Le differenze di finanziamento alla sanità delle diverse Regioni che storicamente si sono sempre avute, e che hanno fortemente contribuito ad ampliare le differenze nell’assistenza, col meccanismo dell’autonomia differenziata potrebbero ampliarsi, determinando un ulteriore depauperimento delle risorse destinate alla sanità del Mezzogiorno.

Ha detto Antonio d’Amore, Direttore Generale del Cardarelli “Ritengo che sia importante che il più grande ospedale del Mezzogiorno si interroghi sul futuro contesto in cui ci potremmo venire a trovare tra pochi mesi, se la riforma dovesse andare avanti. Le domande che ci poniamo sono: riusciremo ancora a reclutare medici, infermieri, tecnici o ci saranno contratti differenziati che permetteranno a Regioni più ricche di pagare di più il personale? Riusciremo a garantire ai nostri professionisti le stesse tecnologie di altri ospedali europei? Da quanto emerso, il rischio di amplificare le differenze tra le diverse regioni è davvero estremamente elevato”.

L’allarme è stato lanciato da tutti i presenti al convegno che hanno evidenziato, tra l’altro, come la riforma dell’Autonomia Differenziata stia procedendo nel suo percorso di approvazione senza che vi sia un dibattito parlamentare ampio ed un confronto.

Ha detto Monsignor Antonio Di Donna, Presidente della Conferenza Episcopale Campana “In uno Stato unitario ai cittadini vanno assicurate uguali opportunità di accesso, a prescindere dal luogo di residenza e dal grado di sviluppo produttivo locale. Il progetto dell’Autonomia Differenziata palesa i rischi di una frammentazione eccessiva nell’erogazione dei diritti fondamentali per tutti i cittadini del Paese. Questo progetto di riforma non è solo in contraddizione con la nostra Costituzione, in particolare con il principio di uguaglianza sostanziale espresso nell’art. 3, ma è in evidente contrasto con il sentimento di appartenenza ad un’unica comunità, ad un’unica storia.”