Dieta mediterranea si’ ma che sia di qualita’ e secondo tradizione. A rischio, infatti, secondo gli esperti, quel tratto distintivo salva-salute di questo stile di vita a tavola. L’allarme e’ stato lanciato nel corso del convegno dal titolo ‘Come sa di sale lo pane altrui – il cibo al cospetto dell’esperienza migratoria in Nord America’ organizzato a Roma da Istituto Cooperazione Paesi Esteri. Proprio dall’analisi delle migrazioni, come fenomeno di nuove
abitudini anche alimentari, e dai connazionali all’estero, parte una nuova battaglia a difesa del mangiare sano e italiano. “Promuovero’ un’iniziativa specifica – annuncia l’on. Fucsia Fitzgerald Nissoli, eletta nella circoscrizione estero, Nord e centro America – a difesa del made in Italy”. “La migrazione degli italiani in America e la migrazione globale verso piu’ di 88 paesi – spiega il direttore di Statistica al Calandra Institute di New York, Vincenzo Milione – si traducono nella
migrazione di cibo, dieta e identita’ tra i paesi di origine. E’
necessaria una ricerca successiva se e come sono cambiate anche
le ricette e la dieta italiane”. Da qui la necessita’ di tornare
alla vera dieta mediterranea. “Il modello – dice il direttore
della scuola di specializzazione di Scienza dell’alimentazione
all’Universita’ Tor Vergata, Antonino De Lorenzo – e’ riconosciuto
ma assistiamo a un’erosione della qualita’. Riconoscere la
qualita’ della dieta mediterranea significa anche contrastare
danni alla salute”. “Una dieta inappropriata – dice il direttore
della scuola specializzazione in Medicina interna all’Universita’
La Sapienza, Paolo Martelletti – equivale a una colpevolezza
condivisa per le malattie”. E mette in guardia contro “la dieta
mediterranea esportata come business”. La sicurezza alimentare,
aggiunge il colonnello dei Carabinieri Sanita’ alimentare,
Giuseppe Cenname “assume dignita’ di natura strategica per la
salute della popolazione”. Ma la tavola anche “difesa dal
rischio di perdita di identita'”, dice Giovanni Maria De Vita,
direzione generale Italiani all’estero, mentre per l’esperto di
antropologia dei patrimoni gastronomici a Tor Vergata, Ernesto
Di Renzo, nelle migrazioni “portarsi il proprio cibo equivale a
portarsi il proprio mondo”.