Lo shopping a rilento, dall’altro la movida che torna ad affollare le strade del centro dopo il lungo periodo di stop. Ma sono le richieste dei commercianti a caratterizzare la ripresa. Incombenze fiscali, virus, speranze di ripartenza e crisi economica. Sono questi i nodi principali dalla prima giornata di shopping, per una riapertura che ha coinvolto ieri oltre 10mila negozi tra Napoli e Provincia, cui vanno aggiunti centri estetici, parrucchieri e mercatali. Più passeggio a Chiaia, ma niente boom di vendite e di afflusso, visto anche «il freddo e i portafogli svuotati dei cittadini che non aiutano le vendite», raccontano gli stessi commercianti. Uno dei temi più caldi, in queste ore, è però quello delle tasse; la Tari – per cui è stato chiesto un nuovo differimento – e l’imposta sulle insegne. Era stata lunga e complessa la trattativa di marzo tra Palazzo San Giacomo e le associazioni di categoria per il differimento della Tari. Grazie al lavoro dell’assessorato al Bilancio e l’ok dei revisori si era arrivati allo spostamento di un mese del pagamento della tassa sui rifiuti, la cui nuova scadenza è il 30 aprile. La data del versamento si avvicina, insomma, e Confcommercio ha inviato una lettera alla Galiero: «Per gran parte  delle imprese – ha scritto Carla Della Corte – sarà molto difficile riuscire a far fronte alla Tari, in particolare per i pubblici esercizi, sui quali gravano importi che possono arrivare a decine di migliaia di euro. Andrebbe quindi, a nostro avviso, valutata seriamente l’opportunità di un ulteriore rinvio, in attesa di un auspicabile intervento governativo per un abbattimento della tassa, nonché la possibilità di riaprire i term ini perrateizzare i pagamenti». «Sono troppe le incombenze fiscali che pesano sugli esercenti in questo momento di ripartenza – osserva Pasquale Russo, direttore di Confcommercio – La tassa sulle insegne sopra i 5 metri e la Tari, solo per citare le tasse locali. Lo Stato dovrebbe fare di più per evitare un bagno di sangue tra le imprese».  Dal centro storico all’Arenella, da Chiaia a Toledo: la ripartenza incrocia i destini di migliaia di famiglie di commercianti in queste ore. Ognuno con la sua storia, con le sue preoccupazioni e le sue speranze. «Aspettavamo con ansia questo giorno di riapertura – commenta Patrizio Gaia, titolare di Gaia Roma in via Toledo (calzature) – Ieri non c’è stato un boom di clienti, per via soprattutto del maltempo, visto che in vetrina ci sono collezioni primaverili. La crisi economica colpisce tutti e incide negativamente sui consumi, speriamo che la situazione migliori». Non solo moda; giorni di organizzazione per i pubblici esercizi, in vista della probabile ripresa dei tavoli all’aperto dal 26, e anche qui le impasse non mancano.  «Ieri mattina ci hanno fatto visita i vigili urbani – racconta Assunta Scala, chef del ristorante Corrado in via Foria – La polizia municipale ci ha impedito di potare gli alberi di limone antistanti al ristorante, piantati da noi tempo fa. Ci dispiace che lo Stato non agevoli la ripresa delle attività messe a dura prova dalla pandemia. Chiediamo di poter fare le pulizie nella nostra area». «C’è un po’ di risveglio – racconta Walter Marino dell’omonimo atelier a Chiaia – Ma il lunedì non è una giornata frequentata per lo shopping. Preme a tutti però la questione delle tasse comunali: a parte la Tari, la tassa sulle insegne (imposta pubblicitaria) mi è arrivata durante il periodo di chiusura. Si tratta di 880 euro all’anno, ma la cifra varia a seconda della grandezza della scritta. Su questi balzelli il Comune dovrebbe venirci incontro: siamo a 5 mesi di chiusura nell’ultimo anno solare, e sarebbero giusti sconti sia sulle insegne non sfruttate che sui rifiuti