Quarto (NA)- famiglia appartenente all’Asl Napoli 2, distretto 38- dopo aver partecipato al matrimonio noto alla cronaca come “IL focolaio di Monte di Procida” tenutosi lo scorso 30 settembre- dopo 7 giorni dalle prime segnalazioni all’Asl è ancora in attesa di tampone.
Quattro persone appartenenti allo stesso nucleo familiare, di cui due minori rispettivamente dell’ età di 5 e 3 anni, hanno preso parte, lo scorso 30 settembre, ad un matrimonio tenutosi al Monte di Procida. Nei giorni immediatamente successivi all’evento, la famiglia in questione è stata informata, dallo sposo stesso, della positività al Covid-19 di alcuni partecipanti all’evento. L’autoisolamento preventivo è stato immediato, così come le auto-segnalazioni del possibile contagio ai propri medici di base, e al pediatra dei due bambini, i quali, a loro volta hanno attivato la procedura prevista per legge, il tanto decantato contact-tracing. Inutili le numerose sollecitazioni all’Asl di appartenenza, in quanto ad oggi non hanno ricevuto nessun tipo di risposta da parte del Distretto 38 dell’Asl Napoli 2. Sollecitazioni che si sono andate ad intensificare nel momento in cui uno dei due bambini ha sviluppato i sintomi del Covid-19. Tutto inutile, diversamente, invece, da quanto accaduto ad altri partecipanti all’evento, appartenenti anch’essi all’Asl Napoli 2, ma del distretto 37, ai quali è stato prontamente eseguito il tampone risultandone positivi. Un altro aspetto che getta ancor di più nello sconforto in questa storia, dove la locale istituzione sanitaria pare abbia dimenticato per un momento lo stato d’emergenza in cui riversa il nostro paese e la nostra regione, è il sapere che la scuola, messa a conoscenza di ciò che stava accadendo, ha dichiarato che in assenza di tampone positivo non può, in alcun modo, sospendere le attività didattiche della classe nonostante l’altissima probabilità di contagio.
Sarà un caso isolato questo? Gli attuali protocolli per contrastare il Covid-19 vengono seguiti come dovrebbero? Non ne abbiamo nessuna certezza, quello che possiamo invece affermare è che ad oggi questa famiglia vive in auto-isolamento da circa 10 giorni, nell’ attesa indeterminata di risposte. Quale sarebbe la giusta alternativa a ciò? Fare un tampone in una delle strutture private suggerite dalla regione Campania? E se, considerando il particolare momento storico-economico del nostro paese, questa o altre famiglie non ne avessero la possibilità economica? A tanti dubbi segue un’unica certezza: l’assistenza sanitaria non può essere un bene per ricchi in uno stato in cui la Sanità è pubblica.
A cura di Grazia Ritrovato