La variante Omicron e’ ormai prevalente in Italia e la sua trasmissibilita’ e’ tale che quasi
un italiano su due si stima sia entrato in contatto con tale
mutazione. In questo quadro, secondo gli statistici medici ci si
sta avvicinando sempre di piu’ al passaggio da una situazione
epidemica ad una endemica, caratterizzata da una circolazione
stabile del virus nella popolazione e con un numero di casi
uniforme e distribuito nel tempo, come nel caso dell’influenza
stagionale. Ma questo non significa che si possa abbassare la
guardia: e’ anzi fondamentale, avvertono, monitorare la
situazione con studi multiscopo che comprendano anche indagini
sierologiche per rilevare l’andamento della diffusione del
virus.
“Data l’alta trasmissibilita’ di Omicron, si stima che quasi
un italiano su due si sia infettato con tale variante – afferma
all’ANSA Clelia Di Serio, Ordinario di Statistica Medica
all’Universita’ Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore
del Centro Universitario di Statistica per le Scienze Biomediche
CUSSB – e ci aspettiamo una prevalenza reale circa al 40%”. La
situazione, spiega, “e’ molto diversa dal gennaio scorso ed il
fatto che la variante Delta abbia man mano ceduto spazio alla
Omicron, alla fine si potrebbe rivelare positivo dal momento che
Omicron e’ piu’ infettiva ma meno patogenica”. Inoltre, “la sua
diffusione ha portato in un certo senso ad un ‘beneficio’ in
termini di rinforzo dell’immunita’ generale”. Questo e’ dunque un
quadro che “si sposta dal pandemico all’endemico, delineando un
trend – spiega Di Serio – che ci induce ad un cauto ottimismo”.
In questa fase, pero’ , il monitoraggio e’ cruciale: “L’aspetto piu’
importante per capire l’effettiva situazione epidemiologica in
Italia – afferma l’esperta – sarebbe la costituzione di un
campione ‘statistico’ di sorveglianza da seguire nei prossimi
sei mesi per monitorare sia la prevalenza sia l’immunita’ nei
vari strati della popolazione generale e non soltanto in quelli
rilevati dal sistema sanitario”. Anche secondo Giuseppe Arbia,
Professore ordinario di Statistica Economica all’Universita’
Cattolica del Sacro Cuore Roma, sarebbe importante avviare
un’indagine multiscopo, “che rilevi periodicamente il numero di
sintomatici e asintomatici, che includa risultati sul
sequenziamento per stimare l’incidenza delle diverse varianti,
che segua nel tempo una coorte di persone che sono state
infettate per valutare gli effetti di Covid-19 sulla vita delle
persone e sostenere le scelte ai diversi livelli di governo”.
Utile sarebbe anche, nell’ambito di uno studio multiscopo,
rileva Arbia, un’indagine sierologica per avere stime aggiornate
sulla popolazione asintomatica. In effetti, rileva, “l’Istat nel
luglio 2020 mise in campo un’indagine sulla sieroprevalenza
dell’infezione da SarsCoV2, per stimare quanti avessero
anticorpi al virus pur in assenza di sintomi, realizzata con il
Ministero della Salute e la Croce Rossa, ma ha parzialmente
fallito perche’ piu’ della meta’ degli intervistati si rifiuto’ di
rispondere”. Insomma, conclude Arbia, “per combattere l’epidemia
non bisogna fornire meno dati, ma occorre invece fornirne di piu’
e piu’ dettagliati, e laddove gli attuali sistemi di raccolta dei
dati non riescono a fornire risultati affidabili occorre
intervenire con un’indagine ad hoc sulla falsariga delle
indagini Istat”.