Lo scudetto? Il Napoli deve andarseloa prendere “Fino al palazzo”. Un’espressione lanciata come hashtag dei tifosi del Napoli sui social, ma che e’ stata fatta
propria anche da Maurizio Sarri: “Lo scudetto – ha detto – fosse
per me me lo andrei a prendere fino al palazzo”. “Quella frase
viene intesa da Sarri come non rassegnazione a una presunta
superiorita’ di organico e societaria della Juventus”: spiega
Arturo De Vivo, umanista e prorettore dell’Universita’ Federico
II. “Certamente – aggiunge De Vivo – l’immagine e’
rivoluzionaria, perche’ e’ intrinsecamente legata ad una
rivoluzione in due letture, ‘andare a prendere il potere
conquistando il palazzo’ fa pensare a un sommovimento di popolo
ma nella tradizione c’e’ anche il blitz militare. A Roma quando
veniva deposto un imperatore (ricordiamo ad esempio la crisi
dopo la morte di Nerone, nel 68-69 dopo Cristo) alla testa di
eserciti si andava nel palazzo, per eliminare un potere e
sostituirlo. Ora non credo che Sarri volesse alludere un potere
tirannico della Juventus o a una qualche macchinazione oscura
per far vincere i bianconeri: la sua idea e’ che c’e’ una squadra
che da sei anni vince lo scudetto, affermando la sua superiorita’
e quindi c’e’ un potere, un imperatore che il Napoli vuole
sovvertire”.
Un assalto al potere che viene sospinto da un’intera citta’,
che evoca l’idea del palazzo da conquistare forse proprio perche’
si sente esclusa dal ‘palazzo’ anche in senso piu’ ampio,
politico, economico. “Che in questo momento – spiega De Vivo –
i punti forti del potere non siano a Napoli, mi pare evidente.
Oggi Napoli produce giovani di qualita’ ma manca la possibilita’
di immetterli nel nostro territorio, perche’ non ci sono
opportunita’. E i giovani di qualita’ questa loro preparazione la
immettono in altri territori. C’e’ sicuramente quindi una
sensazione di marginalita’. La stessa immagine che viene evocata
del Regno delle due Sicilie ricorda una Napoli capitale ma e’ una
immagine di marginalizzazione. Nell’espressione “fino al
palazzo” puo’ esprimersi questo discorso”.
Nella caccia al terzo scudetto c’e’ poi un altro
sovvertimento: la Napoli degli anni Ottanta si affidava a
Maradona, eroe unico; questa, si mette nelle mani di un
collettivo, guidato da Sarri, celebrato anche sui social con
gruppi che evocano le rivolte contro il potere degli zar, come
“Soviet Sarrista”, “Sarrismo gioia e rivoluzione”: “Ho avuto
modo di osservare sui social – afferma De Vivo – le immagini
associate al concetto di sarrismo. C’e’ l’idea del Sarri-Lenin,
eccolo il rivoluzionario che va prendersi il Palazzo!
Nell’immaginario oggi c’e’ l’idea che sia determinante non l’eroe
che scende in campo e risolve tutto ma lo stratega che porta a
un livello di specializzazione il collettivo e consente di
espugnare il palazzo, far saltare gli equilibri”.
Una visione rivoluzionaria della Napoli di ieri, dalla
Rivoluzione del 1799 alle Quattro Giornante, ma anche di quella
del sindaco de Magistris, che non a caso va a Roma a protestare
“fino a palazzo”. “Non vedo questa questa saldatura di immagini
con la giunta de Magistris – replica De Viv – pero’ certo Sarri
usa questa espressione perche’ conosce la sensibilita’ della
citta’. Il tecnico ha una sua cultura e credo l’abbia usata per
rendere appieno volonta’ di andare oltre i limiti delle societa’ e
della citta’. Poi e’ chiaro che e’ un’immagine efficace se uno
ritiene che debba reagire a un potere che e’ di tipo sportivo. Mi
preoccuperei se venisse letta come l’immagine di una reazione a
un potere oppressivo che dall’alto si abbatte sulla societa’ di
calcio o sulla citta’ di Napoli”.