Umbra, del 1975, Valentina Palazzari artista,  presenta nella  Napoli storica un esposizione artistica di notevolissimo impatto scenico che rende la sua opera fruibile in pervadenti  senzazioni che il pubblico vive direttamente attraversando fisicamente la sua espressione artistica.  Nel caso specifico  il suo   tappeto di foglie in continua mutazione nella forma dovuta al vento che, come in natura, le muove e ne cambia la struttura e la forma.

L’ emozione vissuta dai visitatori ,percorrendo il tappeto di foglie in autunno, è precisamente quella ispirata dalla Palazzari.  “Ridisegnandone il perimetro e suggerendone la composizione interna, l’artista elabora la sua poetica depurandola da ogni esteriorità ed apparenza, perché è nella sottrazione degli elementi che si dichiara la bellezza della materia e delle sue imperfezioni”.

Lo stesso vale per l’ Ipogeo, ambiente sito in profondità della della Chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini  per l’antica pratica del  culto dei morti, dove numerosi  visitatori di tutte le età vengono inondati e fisicamente coinvolti da un cupo e profondo sonoro che l’artista ha creato dando all’ambiente sotterraneo percezioni e senzazioni di antica ed unica bellezza.

La Chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini è come una struttura spettrale in cui echeggiano ancora i fasti del barocchetto napoletano. Finemente stuccata e decorata, la “Misericordiella”, questo il soprannome per distinguerla dal Pio Monte della Misericordia ai Tribunali, è stata nella sua lunga storia tra l’altro prima ospedale e poi ospizio per i sacerdoti poveri.

Edificata nel 1532 nell’Antico Borgo dei Vergini, si trova a due passi da Porta San Gennaro a Napoli, posta fuori dalle mura della città, area tradizionalmente adibita agli spazi sepolcrali. Anche la Misericordiella trova infatti nei suoi sotterranei il nucleo più antico di fondazione, risalente al XIV secolo, utilizzato proprio come terra santa da parte dei monaci che l’avevano abitata, e che abbandonarono nel 1534 per trasferirsi presso gli ambienti dell’Ospedale degli Incurabili.

A cura di Pino Attanasio