Accorciare i tempi dall’autorizzazione di un farmaco alla sua disponibilita’ per i
pazienti e un portale per il monitoraggio del processo. Sono gli
impegni presi dalla Federazione europea delle industrie
farmaceutiche (Efpia), primo passo concreto dopo anni di
classifiche dei Paesi piu’ o meno celeri nel rendere accessibili
ai pazienti i farmaci innovativi. “Non possiamo piu’
accontentarci di fotografare l’esistente, dobbiamo assumerci le
nostre responsabilita’ per individuare i problemi concreti e
proporre soluzioni”, spiega all’ANSA la direttrice generale
dell’Efpia Nathalie Moll.
I tedeschi hanno effettivo accesso ai nuovi farmaci (il
prodotto cioe’ e’ iscritto a rimborso) in media in 4 mesi (133
giorni), i pazienti in Italia devono aspettarne oltre 14 (429
giorni) e i romeni due anni e mezzo. Tempistica essenziale per i
pazienti, ma anche uno dei fattori che un’industria farmaceutica
considera quando sceglie di investire in un Paese. Da questo
punto di vista “contano fattori come l’ecosistema della ricerca,
gli incentivi che un Paese offre, ma anche i tempi di
autorizzazione sono importanti”, spiega Moll. L’Italia “e’ ed e’
sempre stata interessante per gli investimenti – e’ la
valutazione di Moll – con una industria farmaceutica solida e
una forte base per l’innovazione, ed e’ un mercato farmaceutico
importante”. Anche se “ci sono aspetti che possono essere
migliorati”, aggiunge. Per esempio il 19% dei farmaci innovativi
gia’ autorizzati dall’Ema non sono ancora accessibili. Ma meglio
di noi solo la Germania, con l’8%.
L’Efpia ha assunto un impegno pubblico “assicurando che ogni
azienda inizi la discussione” con le autorita’ nazionali “su
prezzi e rimborsi entro 2 anni in tutti i Paesi europei, e il
processo sara’ monitorato attraverso un nuovo portale, per
maggiore trasparenza e individuare gli ostacoli concreti nel
processo”. Importante anche perche’ negli ultimi anni la ricerca
e l’innovazione nei trattamenti hanno accelerato. Anche grazie
alla mobilitazione contro il Covid, oggi la ricerca privata
esplora “tutta l’area delle applicazioni del mRna messaggero –
racconta Moll – cosi’ come l’editing del genoma, vaccini
anti-colesterolo, cure per l’Hiv e l’epilessia, terapie genica e
cellulare e tutta una serie di tecnologie digitali, con
dispositivi medici indossabili che guardano alla telemedicina e
combinano diagnosi e terapia”.
Su questo aspetto in particolare il sistema Ue, che
centralizza l’autorizzazione ai farmaci ma non alle diagnosi,
potrebbe richiedere un aggiornamento. “Il sistema di regole
dell’Ue potrebbe non essere idoneo per gestire queste
innovazioni – avverte Moll – mentre altre parti del mondo, come
gli Stati Uniti si sono gia’ attrezzati per farlo”.