di Maria Rosaria Focaccia 
8 mesi fa, investito da un auto pirata, un giovane immigrato tunisino di seconda generazione veniva travolto e lasciato a terra senza vita.

Il suo nome era quello di Muastapha Zriba.

Pur in quel momento di tragedia, con nobile gesto di solidarietà e di cultura della speranza, i familiari sceglievano di donare gli organi di Mustapha, così restituendo la vita a più uomini e donne, in varie città d’Italia, ognuno in attesa del trapianto che impedisse la morte di ciascuno di loro.

Tutto ciò si realizzava grazie al coordinamento tra l’Autorità giudiziaria – che a tali fini disponeva il dissequestro del cadavere di Mustapha, previa raccolta degli elementi essenziali di prova – e l’Autorità sanitaria, che operava in Napoli il tempestivo prelievo degli organi del deceduto e quindi, ad opera di varie equipe chirurgiche in Italia, il trapianto degli stessi.

Ieri notte, Elvira Zriba, la sorella di Mustafa, giovane donna di soli 33 anni, viene travolta, sul lungomare di Mergellina, dal pilota di una moto che, secondo testimoni oculari, impegna la strada, trafficata da veicoli e pedoni, impennando il veicolo, ad alta velocità, senza alcuna considerazione del rischio così prodotto per chi affolla, come ogni notte, quel percorso urbano.

Elvira lavora a Mergellina, in uno chalet del lungo mare.

Attraversa la strada, a quell’ora della notte, dunque, non per partecipare allo svago della moltitudine dei nottambuli ma solo per riporre nei cassonetti dell’immondizia, posti sull’altro lato della via, la spazzatura prodotta in quello che per lei è solo un faticoso luogo di lavoro.

Il soccorso del 118 arriva sul posto nel giro di neanche 15 minuti; raccoglie Elvira, tramortita sul selciato; la conduce con ogni velocità all’ospedale San Paolo.

Un’inutile corsa contro il tempo e la contro la sorte avversa: Elvira è in gravissime condizioni; la giovane vita si spegne per sempre di lì a poco.

Si consuma, così, in questa nuova tragedia, ancora una volta, nel giro di pochi mesi, per responsabilità di due uomini privi di rispetto per la vita altrui, il drammatico destino dei due fratelli, che nella nostra città avevano creduto, coltivando una semplice speranza di una vita quieta e di faticoso lavoro.

La brutalità di questa sorte ha impedito persino che il gesto d’amore compiuto dai genitori e dalla compagna di Mustapha nell’autorizzare la donazione degli organi del giovane si potesse ripetere con Elvira: il cuore della giovane, infatti, si è fermato troppo presto perché vi fosse il tempo, per l’equipe sanitaria, di operare il prelievo. Non vi è limite al dolore.