Le famiglie italiane riprendono a spendere per le cure dentistiche. Vi sono cioe’ ”accenni di ripresa, ma resta l’incertezza”. Il dato emerge dall’analisi congiunturale 2016 realizzata dall’Associazione nazionale dentisti italiani salute 1(Andi) ‘La Professione odontoiatrica cambia o rimane fedele ai suoi modelli?’, presentata in occasione dell’Expodental a Rimini. Un segnale positivo, rileva l’Andi, arriva proprio dalle previsioni sull’andamento dei ricavi nel 2016: meno del 30% dei dentisti intervistati pensa che la situazione peggiorera’. Nel 2014 i pessimisti erano quasi il 40%. Per quanto riguarda i ricavi, il 33,6% degli intervistati dichiara che il ricavo del 2015 rispetto al 2014 e’ stato inferiore: questa percentuale e’ pero’ diminuita di quasi 11 punti rispetto all’anno precedente. Da segnalare che la meta’ circa (49,7%), in aumento rispetto al 42,3% del 2015, dichiara un ricavo stabile. C’e’ quindi ”un miglioramento”, afferma l’Andi sottolineando che ”i dati del sondaggio trovano un supporto nei dati macroeconomici, secondo cui si registra un aumento della spesa odontoiatrica pari al 18,5% tra il 2013 e il 2014”. Piu’ in generale l’andamento delle spesa odontoiatrica si e’ dimostrato sensibile all’andamento del Pil. A cio’ si aggiunge che il consumo e la spesa odontoiatrica sono una categoria di spesa alla quale le famiglie non rinunciano completamente, a differenza di altre voci di consumo, ma che tendono a differire. Pertanto, rileva l’analisi, ”e’ lecito supporre che le spese non sostenute nel corso degli anni di recessione si siano concentrate nel periodo successivo, quando si registrano uno stop alla recessione e un minimo di ripresa”. Nell’indagine, inoltre, gli intervistati hanno manifestato in maggioranza la convinzione che nel corso del 2016 l’impatto della crisi sulla professione rimarra’ uguale. Tra le difficolta’ riscontrate nel 2015 quelle piu’ indicate sono il peso della burocrazia (90,3%), il calo della domanda (70%), il ritardo nei pagamenti (69,5%) e l’aumento della concorrenza sleale (52,7%). Rispetto all’anno precedente cresce la percentuale relativa al carico burocratico e alla concorrenza sleale e cala leggermente quella legata al calo della domanda.

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