L’impennata di test per la diagnosi dell’infezione da virus SarsCoV2 non ha portato a un aumento dei
casi positivi e ci si domanda se questo si debba al fatto che la
circolazione del virus sia effettivamente scarsa oppure se la
causa sia da ricercare nelle caratteristiche dei test. “I dati
rilevati dal 2 ottobre a oggi indicano che non c’e’ un trend in
discesa, ma che la situazione dell’epidemia di Covid in Italia e’
costante”, rileva il virologo Francesco Broccolo,
dell’Universita’ di Milano Bicocca.
A indicare che non e’ avvenuta una riduzione effettiva dei
casi e’ la fotografia dei dati relativi a sabato 9 ottobre e a
sabato 16 ottobre: indica un aumento del 27% del totale dei
test, fra molecolari e antigenici rapidi, passati da 344.969 a
472.535, e nello stesso tempo la percentuale di positivita’ ,
calcolata sul totale dei test, si e’ ridotta dallo 0,7% allo
0,6%. “E’ un lieve decremento – rileva il virologo – che va
analizzato attentamente, in quanto e’ sostanzialmente dovuto a un
aumento dei tamponi antigenici”.
Andando infatti ad analizzare i dati nel dettaglio, dei
circa 345.000 test eseguiti il 9 ottobre, quelli antigenici
rapidi sono stati 240.995, ossia il 70% del totale, e il
rapporto fra il numero complessivo dei casi rilevati e quello
dei soli test antigenici ha dato come risultato un indice di
positivita’ dello 0,1%; nella stessa giornata dai 104.641 tamponi
molecolari somministrati si deduceva un tasso di positivita’ del
2,4%.
A una settimana di distanza la situazione relativa ai test
molecolari era confrontabile a quella della settimana
precedente, con 114.721 tamponi e un tasso di positivita’ del
2,34%, mentre i test antigenici rapidi avevano registrato un
ulteriore aumento, dal 70% al 75% del totale dei test, con un
tasso di positivita’ dello 0.08%.
I dati del 2 ottobre confermano sostanzialmente la tendenza,
con un numero complessivo di tamponi pari a 355.896, fra
molecolari e antigenici rapidi, dai quali emergeva un tasso di
positivita’ complessivo dello 0,9%; scendendo nel dettaglio, dai
soli tamponi antigenici emergeva un tasso di positivita’ dello
0,08%, contro il 2,77% di quello risultante dai test molecolari.
“Di conseguenza il tasso di positivita’ dello 0,6% e dello
0,7 – osserva Broccolo – e’ una percentuale che deriva da una
media pesata dei test molecolari e di quelli antigenici”, ossia
una media che risente del grande numero dei test antigenici
rapidi somministrati.
Un altro elemento importante, prosegue Broccolo, e’ il fatto
che a registrare l’aumento maggiore sono i test che hanno la
sensibilita’ piu’ bassa: “gli antigenici rapidi riescono a
rilevare soltanto cariche virali superiore a un milione” di
copie di materiale genetico del virus presenti in un millilitro
di materiale biologico prelevato con il tampone. “I test
molecolari riescono invece a individuare cariche virali che
vanno da 10 milioni di copie fino a cento copie”. Questa diversa
sensibilita’ dipende dalla natura stessa dei test: i molecolari
analizzano parti del materiale genetico del virus dopo averle
amplificate con la tecnica della reazione a catena della
polimerasi (Pcr); gli antigenici rapidi cercano le componenti
proteiche del virus chiamate antigeni.
Infine, rileva Broccolo, bisogna considerare che il grande
aumento dei test antigenici non e’ distribuito in modo uniforme
nella popolazione, ma molto probabilmente e’ rappresentativo in
massima parte degli adulti in eta’ lavorativa, che hanno bisogno
del Green pass per la loro attivita’ .