Dopo tanti rimbrotti sull’onnipotenza germanica nell’Europa Unita e in particolare su Angela Dorothea Merkel, oggi si rimpiange il suo decisionismo, la sua guida. Strani scherzi della politica. Quando sei in ballo e balli, hai tutti gli occhi puntati addosso e le critiche sono all’ordine del giorno, senza approfondite analisi. Quando tutto cambia e le cose non vanno come sperato, allora parte l’esame meno fazioso del passato e i rimpianti cominciano a farsi avanti.

C’è la Brexit che preoccupa l’Europa con meno 13 miliardi di euro annui d’entrate, eppoi ci sono tanti altri problemi che la politica – leggi forza – tedesca può provare ad indirizzare come nel passato. C’è Macron che si sbraccia e già si vede in scena al posto della lady di ferro. Per il momento, di là dei leader, la Germania resta tale per l’UE e l’annuncio della Grosse Koalition, cioè un governo di larghe intese che vede l’alleanza dei due maggiori partiti politici, Spd e Cdu-Csu, dovrebbe rimettere tutto a posto.

Dalla Germania passiamo in Italia. Il batticuore da quasi infarto degli alti vertici di Bruxelles per le vicende berlinesi non si registra su come andranno a finire le votazioni in Italia. La preoccupazione che il potere possa essere preso da partiti anti-Unione e euro resta.

La campagna elettorale vista dalle nostre parti, tutto sommato, dà l’idea che il quorum secco per diventare inquilini di palazzo Chigi non lo può raggiungere nessuno. Alla fine del “grande gioco” elettorale bisognerà fare i conti con le alleanze, pure e spurie che siano. Anche il candidato premier 5Stelle, Luigi Di Maio, ipotizza che se il suo movimento non dovesse raggiungere il 40 per cento dei consensi allora “dovremmo fare un appello pubblico a tutte le forze politiche presenti in Parlamento per dare un governo a questo Paese”. Una cosa del genere non si era mai sentita da quel fronte.

Gli altri partiti più realisticamente ed opportunisticamente, per il momento, stanno a guardare. Poi si vedrà. C’è il Salvini italico che un pensierino di alleanza con il MoVimento pur l’aveva fatto. Su di lui, per il momento, sul blog dei grillini si legge: ”Salvini e la sua Lega sono il trionfo dell’incoerenza, dell’inaffidabilità. Davano del mafioso e del piduista a Berlusconi e ora sono fedeli alleati nelle Regioni e nei Comuni. Volevano bruciare il tricolore e sono alleati della nazionalista Meloni.
Urlavano “Roma ladrona” e oltre a non tagliarsi mai lo stipendio si sono intascati 180 milioni di euro di finanziamento pubblico ai partiti (di cui 48 milioni utilizzati in maniera illecita)”. Ma anche l’ex padano Salvini non scherza in fatto d’insulti verso Di Maio e company: “Escludo l’appoggio della Lega a un governo Di Maio. Basta vedere Spelacchio a Roma, come governano le città”.

Anche in Liberi e Uguali una possibile alleanza post elezioni con i 5Stelle apre un problema di leadership. Su SkyTg24 Maria Latella chiede conto del “no” categorico ad accordi postelettorali con i grillini ipotizzati dalla presidente della Camera. Risponde Grasso: “La Boldrini? Nessun problema, la comprendo. Ma decide qualcun altro”. E quando la giornalista gli chiese appunto se decideva lui, la risposta è stata categorica: ”Certo”. E tutto il discorso propagandistico fatto su quella grande “E”, simbolo di parità tra uomo e donna, che c’è nel simbolo di Liberi e uguali? E chi ha deciso in Leu di scaricare Gori in Lombardia e di appoggiare Zingaretti nel Lazio?

Silvio Berlusconi annusa possibilità di successo e sa che le astensioni alle votazioni di marzo penalizzerebbero la sua Forza Italia e, allora, parla di “suicidio politico” per chi non andrà a votare. E punta tutto per ingraziarsi l’elettorato sulla flat tax che partirà da un’aliquota unica del 23 per cento che nel primo anno produrrà un gettito di 40 miliardi inferiore all’attuale che, però, dovrebbe portare altri introiti dalla riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale.

C’è poi Matteo Renzi che sta girando l’Italia in su e in giù e che tenta di ricucire vecchi strappi. L’ha fatto a Milano con il ministro Carlo Calenda che potrebbe diventare inquilino del Campidoglio se Virginia Raggi dovesse lasciare anzitempo.

Il pericolo numero uno per i partiti resta il MoVimento di Grillo e una possibile Grosse Koalition dopo le elezioni proprio con gli “spelacchio”.

di Elia Fiorillo