La campagna vaccinale antinfluenzale 2020/2021 – in piena pandemia da Covid-19 – il rischio è quello di tornare indietro allo scorso marzo e trovarsi di fronte questo scenario: come all’epoca nelle farmacie erano introvabili le mascherine anche adesso le dosi per tenere lontano il virus influenzale potrebbero non essere alla portata di tutti. E coloro i quali non rientrano nelle categorie cosiddette protette (immunodepressi, malati cronici, bambini) obbligate a sottoporsi al vaccino (anziani, personale medico e infermieristico, forze dell’ordine) e persone a cui è vivamente consigliata l’inoculazione (a partire da docenti, personale scolastico nonché impiegati dei pubblici uffici) probabilmente resteranno senza. O almeno, dovranno aspettare forse dicembre per trovare una dose, con l’influenza stagionale già iniziata. Cosa succede? Fatta eccezione dei soggetti a rischio e rientranti nelle sopracitate categorie, per cui le Regioni hanno ordinato in tutto 17 milioni di dosi con un aumento stimato da Farmindustria del 43 per cento rispetto al 2019, tutti gli altri il vaccino lo devono a cquistare nelle farmacie e farselo poi iniettare dai medici di famiglia. Un esempio? Il quarantenne che non ha patologie croniche, non è immunodepresso, libero professionista che decide di tutelarsi maggiormente contro l’influenza in un periodo in cui la minaccia del coronavirus è tornata prepotentemente a farsi sentire be non trovare nessuna dose da acquistare nei prossimi duemesi. I motivo? Nelle farmacie – sia pubbliche che private – le dosi sono state decurtate rispetto a un annofa oppure non si trovano. I conti li fa Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm, l’Associazione che rappresenta le farmacie pubbliche in Italia. «L’ultima conferenza Stato-Regioni di un paio di settimane fa – spiega Gizzi – ha stabilito l’erogazione di 250 mila dosi di vaccino per le circa 19 mila farmacie nazionali sia pubbliche che private». Ognuna ne prenderà in media 12 dosi. Basteranno? «No, non son o sufficienti: nel 2019 i farmacisti chiesero un milione 200 mila dosi – prosegue il presidente di Assofarm – ne furono accordate 850 mila». Quest’anno invece – almeno per il momento – la quota si riduce di 600 mila unità. «Dipende dal fatto che le Regioni hanno chiesto alle industrie un numero superiori di dosi in virtù della pandemia da covid-19, noi abbiamo chiesto al ministero della Salute conclude Gizzi – di rivedere questi criteri perché al di là dell’estensione del vaccino a molte altre categorie, le persone che vorranno tutelarsi pur non essendo soggetti a rischio potrebbero essere molte di più