Prima la guerra tra scienziati. Divisi sulla svolta del Governo di non fornire più tutti i dati sui contagi ma soltanto quelli dei casi clinici. Di chi insomma sta male e finisce in ospedale. Ora a storcere il naso sono le istituzioni sanitarie italiane ed europee. Con i super esperti dell’Istituto superiore di sanità (Iss) che, dietro l’altra decisione governativa di non sottoporre più a test chi è asintomatico vedono il pericolo che la situazione sfugga di mano, “facendo schizzare in alto” il numero di decessi. Mentre una tirata d’orecchi ci arriva anche dall’Ecdc, l’Agenzia europea di prevenzione e controllo delle malattie, che dice di non credere che i focolai di infezione al Nord del Paese dipendano dal fatto che noi abbiamo cercato il virus mentre gli altri no. «Å’ assolutamente vero che in Italia sono stati testati pazienti senza sintomi e che siano stato eseguiti molti tamponi. Ma la stessa cosa è avvenuta anche in altri Paesi», confida un dirigente dell’Agenzia che chiede di restare anonimo. «Non penso aggiunge – che l’emergere di focolai in alcune zone del Nord si possa spiegare semplicemente in questo modo». A non convincere gli esperti europei è poi la scelta di escludere dal conteggio i casi non ancora convalidati dall’Iss. «Per quanto riguarda i casi confermati – dice l’Ecdc – è corretto sia l’Iss a validarli, ma non vediamo tanti falsi positivi». Pertanto «in via precauzionale e alla luce delle evidenze della qualità dei test al di fuori dei centri di riferimento regionali, verranno utilizzati i dadi che includono i controlli fatti localmente e non solo quelli validati dall’Istituto». Insomma per l’Europa il contatore dell’epidemia in Italia continuerà a girare più velocemente di quanto vorrebbe il governo italiano, spaventato dalle fibrillazioni dei mercati e dello spread. Ma anche al prestigioso Istituto superiore di sanità crescono di ora in ora i dubbi sull’ultima inversione di rotta “minimalista” delle nostre istituzioni. A metterci la faccia in questo momento non ci pensa nessuno, ma una fonte più che autorevole dell’Iss afferma: «Somministrando i tamponi solo a chi ha sintomi e ha avuto contatto con persone o aree contagiate e comunicando solamente i casi clinici saranno sempre di più i contagiati che finiranno fuori dai radar, rischiando di propagare l’infezione». Da qui la previsione che «il tasso di letalità finirà per schizzare in alto se il denominatore viene ristretto ai casi sintomatici». Tant’è, aggiunge, «che la mortalità già è intorno al 3%». Per trarre delle conclusioni, spiegano all’Istituto, serviranno dati più consolidad. Certo è che quelli sullo stato di salute dei contagiati in Italia sembrano smendire chi paragona il Covid-19 a poco più di un’influenza, dalla quale si guarisce spontaneamente nell’85% dei casi. A ieri sera il conteggio fornito dalla Protezione civile diceva infatti che su 821 casi 345, ossia il 42%, aveva richiesto il ricovero in ospedale e per 64, ossia il 7,8%, è stata necessaria la terapia intensiva. Mentre i decessi sono saliti a 21. Insomma, fatte le somme, per la metà dei contagiati non è proprio una passeggiata. Per questo è sempre più di vitale importanza il lavoro dei “cacciatori di virus”, i medici dei servizi di igiene e prevenzione ai quali è affidato il “contact tracing”, la tracciatura di tutte le persone che sono venute a stretto contatto con ciascuno risultato positivo al test. «Per ogni contagiato, in media, occorre contattare una trentina di persone che hanno avuto con lui contatti ravvicinati negli ultimi 14 giorni», spiega Marcello D’Errico, direttore dei servizi di igiene all’ospedale di Torrette ad Ancona. Peccato che i medici igienisti scarseggino proprio in Lombardia,