Aveva ottenuto le foto di un adolescente nudo carpendone la fiducia dietro la promessa di un ingaggio come fotomodello nel mondo della moda e di un provino per una importante societa’ calcistica. Con metodi come questo l’ex sacerdote foggiano Giovanni Trotta per mesi, nel 2014, ha abusato di dieci bambini che all’epoca avevano tra gli 11 e i 13 anni. Fatti per i quali dovra’ ora scontare una condanna a 20 anni di reclusione, quattro dei quali gia’ trascorsi in carcere. Anche dopo essere stato ridotto allo stato laicale “per gravi crimini contro l’infanzia”, fin dal 2012, l’uomo continuava ad indossare il clergy, il tipico colletto bianco degli abiti dei sacerdoti, e a farsi chiamare don Gianni. I minori erano affidati alla sua custodia in quanto dirigente e allenatore della squadra di calcio frequentata dai bambini e loro insegnante di doposcuola. Li invitava a casa, singolarmente o in gruppo, li fotografava durante gli abusi e poi diffondeva quelle immagini in chat, accompagnate da messaggi “dai contenuti agghiaccianti”. La Corte di Appello di Bari ha confermato le responsabilita’ dell’uomo che era stato condannato in primo grado a 18 anni di reclusione dal Tribunale di Foggia per abusi su nove bambini, aumentando la pena inflitta a 20 anni di reclusione perche’ e’ stato riconosciuto il vincolo della continuazione con una precedente condanna ormai definitiva a 6 anni di reclusione per abusi su un altro 11enne. Fu proprio indagando sul primo singolo caso che gli investigatori della Polizia Postale, coordinati dai pm di Bari Simona Filoni e Domenico Minardi, scoprirono gli altri episodi, tutti riconducibili allo stesso periodo e commessi con le stesse modalita’.Fatti per i quali Trotta e’ stato giudicato colpevole dei reati di violenza sessuale aggravata, produzione e diffusione di materiale pedopornografico e adescamento di minori. Agli atti dei due processi ci sono le testimonianze dei minori, foto e messaggi, ma “nessuna denuncia e’ mai stata formulata” – hanno evidenziato in passato gli inquirenti – dalla societa’ sportiva che, nel novembre 2014, lo aveva allontanato. Il gup di Bari che per primo ha giudicato Trotta sottolineo’ anche “l’atteggiamento quantomeno superficiale tenuto dalle locali autorita’ religiose”, le quali, anche dopo la riduzione allo stato laicale, “hanno mantenuto assoluto silenzio” cosi’ “permettendo all’imputato di continuare impunemente a frequentare minori e a farne oggetto delle sue abominevoli perversioni”