C’e’ un altro strascico del Covid che sta iniziando ad emergere in chi e’ guarito dopo essere stato
ricoverato: un dolore cronico diffuso, simile a quello della
fibromialgia. A segnalarlo sono gli anestesisti che lavorano nei
centri di terapia del dolore non oncologico, che gia’ stanno
iniziando a ricevere le prime richieste di aiuto di questo tipo.
Ma il dolore cronico grave ha tante facce, e a causa della
pandemia in quest’anno passato molti centri sono entrati in
sofferenza, con gli anestesisti dirottati sul coronavirus, come
spiegano gli specialisti della Societa’ Italiana di Anestesia,
Analgesia, Rianimazione e Terapia intensiva (Siaarti).
“Stiamo iniziando a vedere il dolore residuale da long-Covid
in pazienti che hanno avuto la malattia in forma sintomatica e
sono stati ricoverati in ospedale – spiega  Arturo
Cuomo, coordinatore del Gruppo di studio Siaarti Dolore
oncologico e cure palliative – Si tratta di un dolore muscolare
diffuso e invalidante, simile a quello della fibromialgia”. Gli
anestesisti stimano che il 2,7% dei pazienti con Covid
sintomatico e ricoverati in ospedale possano soffrire di questo
tipo di dolore. “Ci aspettiamo – continua – nel prossimo futuro
un forte aumento di questo tipo di pazienti”.
Attualmente in Italia, secondo il censimento della Siaarti,
sono 305 i centri che seguono pazienti con dolore cronico grave:
di questi il 50% affetti da mal di schiena, il 30% da
osteoartrosi, e l’11% da fibromialgia. Su quest’ultima
patologia, rileva Cuomo, “serve un maggiore impegno in termini
di offerta, anche alla luce delle previste patologie dolorose
nei long Covid”. E proprio la pandemia ha messo in sofferenza
molti centri di terapia del dolore, che si sono visti sottrarre
specialisti, portando ad una riduzione di attivita’ e accessi dei
pazienti. Una situazione a cui si e’ cercato di ovviare con
un’accelerazione della telemedicina, uso dell’intelligenza
artificiale e telemonitoraggi, soprattutto per controlli e
follow up.
E sull’assistenza sanitaria durante la pandemia, la Scuola
Superiore Sant’Anna di Pisa ha presentato oggi un’analisi
condotta in nove regioni e le due province autonome di Trento e
Bolzano, da cui emerge lo sforzo fatto per assicurare le
prestazioni oncologiche e cardiologiche. Ad esempio gli
interventi chirurgici per tumore al seno sono calati in media
del 14% nel 2020 rispetto al 2019, ma ci sono realta’ come Marche
e Friuli Venezia Giulia, che hanno contratto l’erogazione sotto
il 2%, mentre la provincia autonoma di Bolzano ha avuto
addirittura un incremento del 7%. Calati in tutte le Regioni gli
interventi di angioplastica (- 16.7%), sebbene realta’ come
Veneto e Friuli Venezia Giulia abbiano contenuto il calo a poco
piu’ del 10%.