Ridursi a uno scheletro e continuare a sentirsi bene; ‘ballare’ nella taglia 38 e continuare a vedersi grasse. Il cervello delle adolescenti affette da anoressia fatica veramente ad avvertire le reali condizioni del corpo: fin dagli esordi della malattia, infatti, si affievolisce la comunicazione tra le regioni cerebrali deputate alla percezione delle sensazioni fisiche e all’integrazione delle emozioni.
La scoperta, che conferma come l’anoressia non sia un semplice disturbo alimentare, è pubblicata sulla rivista Translational Psychiatry – Nature da un gruppo di ricerca dell’Università di Uppsala, in Svezia, guidato dallo psichiatra italiano Santino Gaudio.
Lo studio, condotto su pazienti del centro clinico per i disturbi alimentari ‘La cura del girasole’ Onlus di Roma, ha
confrontato l’attività delle connessioni nervose nel cervello di 15 adolescenti sane con quella di 15 coetanee con anoressia nervosa restrittiva da meno di 6 mesi: nelle fasi precoci della malattia, infatti, la struttura cerebrale appare ancora normale e non ‘rinsecchita’ a causa dell’atrofia, come accade invece
nelle fasi più avanzate.
“Abbiamo sottoposto le pazienti ad una risonanza magnetica
funzionale per osservare l’attività del cervello a riposo”,
racconta Gaudio all’ANSA. “I risultati sono stati esaminati con
una nuova metodica di analisi statistica (chiamata ‘Network
based statistic analysis’) che consente di identificare le
alterazioni nelle connessioni tra le diverse aree del cervello.
Abbiamo così scoperto che le adolescenti affette da anoressia
nervosa presentano una ridotta comunicazione tra le aree
cerebrali coinvolte nella percezione del proprio corpo e
nell’integrazione dei segnali corporei e delle emozioni. Nello
specifico, è di interesse l’alterazione del giro occipitale
superiore, che è coinvolto nel riconoscimento del proprio corpo
e dei suoi movimenti allo specchio”.
Queste anomalie spiegherebbero “perché le pazienti hanno
un’alterata percezione del corpo e non sono capaci di valutare
le sue reali dimensioni anche quando sono sottopeso o in uno
stato di grave denutrizione”, sottolinea Gaudio. “La scoperta
conferma ancora una volta che l’anoressia non è un semplice
disturbo alimentare che nasce da problemi di appetito: dobbiamo
partire da questa consapevolezza per sviluppare nuove e più
efficaci strategie terapeutiche focalizzate sulla distorsione
dell’immagine corporea, fin dalle fasi precoci della malattia”.