Le vacanze natalizie trascorse all’insegna di un lockdown nazionale hanno moltiplicato le difficoltà finanziarie degli esercenti di attività commerciali , soprattutto dei ristoratori e dei titolari di bar e di strutture ricettive che, oltre ad un calo molto significativo di fatturato, si vedono costretti a dovere comunque adempiere agli obblighi contrattuali inerenti alla propria professione; tra questi, ha una valenza particolare il canone di locazione da corrispondere ai proprietari degli immobili dove gli stessi svolgono il proprio lavoro. Oggi grazie alla giurisprudenza, è possibile ottenere una riduzione del canone di locazione in emergenza covid 19. Ne parliamo con l’avvocato Vittorio Ciancio, civilista, esperto di diritto di locazioni.
Avvocato Ciancio, quali sono le principali questioni che i Tribunali italiani hanno dovuto affrontare in emergenza Covid 19 a seguito del consistente contenzioso generatosi in materia di locazioni non abitative?
La Giurisprudenza è intervenuta in particolare sui seguenti temi:
1) se sia convalidabile o meno lo sfratto per la morosità maturata durante i mesi di “lockdown”;
2) se sussista, in capo al locatore, un obbligo di rinegoziazione dell’importo del canone di locazione.
In particolare, quanto alla prima questione, nel variegato panorama delle pronunce di merito emesse in materia, parrebbe prevalere la tendenza a respingere le istanze di rilascio quando fondate su morosità maturate durante i mesi di “lockdown”. A riguardo, si citano tra tutte una ordinanza datata 15/07/2020 del Tribunale di Napoli e una ordinanza del 30/07/2020 del Tribunale di Catania.
Per quel che riguarda la seconda questione si coglie, in linea generale, la tendenza ad invitare le parti alla rideterminazione dell’importo del canone, almeno con riferimento ai periodi di lockdown, quale espressione del più generale dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto. In questo contesto, spicca un decreto del Tribunale di Roma del 27/08/2020 che ha disposto una riduzione del canone non solo per i mesi dello scorso “lockdown”, ma anche fino al marzo 2021, in misura percentuale differenziata, tenuto conto, dunque, che anche a seguito della riapertura l’accesso della clientela è stato e sarà contingentato.

La Corte di Cassazione è intervenuta su questo tema?
A fronte di un’avvertita esigenza di chiarezza e soprattutto di richiesta di univocità degli orientamenti giurisprudenziali di merito, è intervenuto l’ufficio del Massimario della Cassazione che, con uno studio ricco di spunti (La Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione n. 56 dell’8 luglio 2020), ha affrontato con approccio sistematico il problema, giungendo a concludere per l’insufficienza dei rimedi classici offerti dall’ordinamento e la necessità di un: “intervento eteronomo del giudice di integrazione del rapporto divenuto iniquo…
La buona fede viene individuata quale importante metro di approccio alle problematiche correlate all’esecuzione del contratto, che postula la rinegoziazione come cammino necessitato di adattamento del contratto alle circostanze ed esigenze sopravvenute.
Esiste dunque un obbligo di rinegoziazione per le parti alla luce di questo studio?
Il rifiuto a rinegoziare della parte, ex art. 1375 c.c. si risolve in un comportamento opportunistico che l’ordinamento non può tutelare e tollerare.
L’obbligo di rinegoziare impone di intavolare nuove trattative e di condurle correttamente, ma non anche di concludere il contratto modificativo. Pertanto, la parte tenuta alla rinegoziazione è adempiente se, in presenza dei presupposti che richiedono la revisione del contratto, promuove una trattativa o raccoglie positivamente l’invito di rinegoziare rivoltole dalla controparte;
Si avrà, per contro, inadempimento se la parte tenuta alla rinegoziazione si oppone in maniera assoluta e ingiustificata ad essa o si limita ad intavolare delle trattative di mera facciata, ma senza alcuna effettiva intenzione di rivedere i termini dell’accordo. Si registrano, per la verità, pronunce di indirizzo opposto che, non ravvisando nella normativa emergenziale elementi tali da giustificare una rideterminazione del canone di locazione, hanno privilegiato il principio della concessione della posticipazione dei pagamenti, piuttosto che quello della riduzione dei canoni, sul fondato presupposto che la crisi di liquidità è un rischio che tradizionalmente è posto a carico del debitore (Tribunale di Roma ord. n. 23871 del 31/07/2020; Tribunale di Frosinone ord. n. 9130/2020 del 07/08/2020).
Infine, qual è l’orientamento giurisprudenziale per le locazioni ad uso abitativo in emergenza Covid 19?
A differenza di quanto abbiamo riferito per le locazioni commerciali, per le locazioni ad uso abitativo è più difficile sostenere che vi sia un diritto dell’inquilino alla riduzione del canone di locazione a causa dell’emergenza da Covid 19. In tal caso, infatti, a differenza dell’ipotesi delle locazioni commerciali, ove si può sostenere la tesi della mancanza del godimento dell’immobile, l’emergenza da coronavirus non ha ingenerato un’impossibilità dell’obbligazione del locatore di messa a disposizione dell’abitazione, né può dirsi che vi sia un inadempimento di quest’ultimo.A

A CURA DI MARIDI’ VICEDOMINI