A pochi giorni dall’approvazione del Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP) – avvenuto nella
notte tra il 2 e 3 ottobre scorso – in Parlamento è tempo di audizioni, in vista del varo del testo sulla manovra
da parte del governo.
Proprio quest’oggi è intervenuto sul tema il vertice del Dipartimento di Economia e Statistica della Banca
d’Italia, Andrea Brandolini, il quale ha affermato la necessità di “coperture chiare e credibili” riguardo alle
misure che saranno inserite nella manovra di bilancio per il 2026. Nelle more dell’audizione odierna tenuta
dinanzi le commissioni Bilancio di Camera e Senato, l’ex Presidente del Committee on Monetary, Financial
and Balance of Payments Statistics (CMFB) chiarisce che allo stato attuale il DPFP non conterrebbe gli
elementi necessari a garantire una valutazione sulle singole misure in cantiere. Inoltre, l’economista
ravennate ha tenuto a cuore ammonire sull’eventuale inserimento in manovra di strumenti a carattere
temporaneo su spesa e tasse, in quanto ritenuti poco impattanti sulla domanda interna ed invece negativi in
termini di incremento del debito pubblico. Per quanto riguardo l’incremento delle spese militari previsto per
i prossimi tre anni, la Banca d’Italia ha chiesto esplicitamente che vengano assunte “misure correttive
ulteriori”. Questo perché – secondo l’analisi accorta di Brandolini – “un graduale aumento della spesa nel
prossimo triennio, fino a 0,5 punti di Pil in più nel 2028, senza le suddette misure incluse in manovra,
comporterebbe una maggiore spesa per la difesa rispetto a quella incorporata nel tendenziale e condurrebbe
a una dinamica della spesa netta più sostenuta rispetto a quanto programmato”.
In buona sostanza, secondo gli esperti di Palazzo Koch riguardo all’andamento generale di previsione
sull’economia del Bel Paese, “gli indicatori disponibili suggeriscono una lieve ripresa dell’attività nel terzo
trimestre dell’anno, alimentata principalmente dal settore dei servizi”. In vista del varo della Legge di Bilancio
per il 2026, per favorire la produttività e la crescita, sarebbe necessario “aumentare le risorse a favore degli
investimenti in ricerca e istruzione e nello stesso tempo razionalizzando le spese fiscali, provando a ridurre
quegli elementi che limitano la crescita dimensionale delle imprese e la contestuale erosione della base
imponibile dell’Irpef”. Queste, in definitiva, le linee guida dettate in audizione dal vertice del Dipartimento di
Economia e Statistica della Banca d’Italia.
Più o meno dello stesso tenore anche il monito della Corte dei Conti, audita dalle commissioni Bilancio di
Montecitorio e Palazzo Madama già nella giornata del 7 ottobre. Secondo i magistrati contabili “la buona
tenuta della finanza pubblica lascia spazi molto stretti per politiche espansive volte, nelle intenzioni del
Governo, a sostenere la domanda interna e i redditi del ceto medio attraverso interventi di riduzione del
prelievo fiscale, di sostegno agli investimenti e al sistema di incentivi alle imprese e di salvaguardia nel tempo
della spesa sanitaria”. Dopo aver posto l’accento anche sulla riduzione del gettito per le casse dello Stato nei
primi 7 mesi del 2025, provenienti dal gioco pubblico, i rappresentanti di Viale Giuseppe Mazzini pongono
l’attenzione sull’esigenza di mantenere sotto controllo i conti pubblici e nello stesso tempo di saper garantire
strumenti efficaci per la crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL). Grande rilievo viene dato sicuramente alle
opere di modernizzazione del paese, soprattutto sul piano infrastrutturale e su quello della ricerca e
innovazione, che andranno a sostegno del tessuto produttivo, economico e sociale delle realtà territoriali più
in difficoltà. Infine, al netto delle variabili legate all’incertezza derivante dall’effetto dei dazi e dall’instabilità
del contesto geopolitico, la Corte vede spiragli di luce sull’indebitamento. Come chiarisce il giudice dei conti,
in virtù del buon andamento della spesa primaria netta, il deficit che ad aprile veniva stimato al 3,3%, sarebbe
proiettato sul 3% nel 2025, giungendo ad un valore soglia cruciale per poter auspicare l’uscita dalla procedura
per deficit eccessivo avviata nel luglio 2024, addirittura con un anno d’anticipo.
Nel frattempo, a Palazzo Chigi è in corso un vertice a cui partecipano la presidente del Consiglio, Giorgia
Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il leader di Noi moderati Maurizio Lupi ed il vertice
del dicastero di Via XX Settembre, Giancarlo Giorgetti. Si lavora a ritmi serrati in vista del prossimo step,
ossia, quello dell’approvazione del Documento Programmatico di Bilancio (DPB), da presentare al tavolo della
Commissione Europea entro il 15 ottobre.
L’obiettivo dichiarato dall’esecutivo è garantire misure a favore del ceto medio, quella fetta di popolazione
che giunge fino ad un reddito di 50mila euro all’anno. La volontà è di intervenire ancora sull’IRPEF, provando
a ridurre il carico fiscale su questa frangia nevralgica dei contribuenti italiani. Il taglio dell’imposta dovrebbe
portare ad un totale di circa 440 euro l’anno in più nella busta paga dei lavoratori italiani, una forbice che
andrebbe a limare al 33%, l’aliquota attualmente prevista del 35%. A beneficiare della tagliola sarebbero i
redditi compresi nella fascia tra 28mila e 50mila euro. Il costo della misura graverebbe sulle casse dell’erario
per circa 4 miliardi. Nel dettaglio, il meccanismo con cui si alleggerisce il peso fiscale dell’Irpef ha carattere
progressivo. Per i redditi fino a 40.800 euro la defiscalizzazione porterebbe a 257 euro di peso in meno ogni
anno. A 45.500 euro il risparmio raggiunge quota 348 euro, mentre sui redditi fino a 49.945 euro sarebbe
intorno ai 439 euro. A partire da questa soglia e andando avanti, si arriverebbe ad un ammontare di 440euro
annui. Secondo gli esperti avrà luogo un effetto trascinamento, che eluderà il limite dello scaglione imposto
a 50mila euro, portando l’effetto della tagliola fino a redditi pari a 63.567euro.
Altro capitolo importante previsto dalla manovra sarà la rottamazione quinquies con saldo e stralcio delle
cartelle esattoriali, con l’obiettivo di aggiungere un ulteriore tassello alla tanto agognata “pace fiscale”.
L’orizzonte a cui mira l’azione dell’esecutivo e più volte ribadito, tra gli altri esponenti del governo, anche dal
ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, sarebbe quello di cancellare circa 170milioni di euro di cartelle
esattoriali dell’Agenzia delle Entrate.
C’è poi il tema della sanità, con la pressione da parte delle Regioni che chiedono maggiori contributi per
migliorare l’accesso ai servizi e ridurre la pressione sulle strutture sanitarie.
Sulle politiche per il sostegno alle famiglie, il governo intende favorire la conciliazione tra la vita lavorativa e
quella familiare delle persone, cercando anche di intervenire per favorire un aumento del tasso di natalità.
Per i nuclei familiari dovrebbero arrivare incentivi per l’acquisto o affitto della casa e detrazioni fiscali legate
alla composizione familiare.
In favore del tessuto imprenditoriale dovrebbero essere inserite nella manovra importanti risorse per la
riconversione digitale delle aziende italiane, in modo da renderle più competitive a livello internazionale. E’
stato il presidente di Confindustria in persona, Emanuele Orsini, a sollecitare l’esecutivo “a dimostrare coi
fatti di essere vicini alle imprese”.

di Luigi Pone