Il “lungo Covid”, ovvero gli effetti a lungo termine del coronavirus che colpiscono misteriosamente
un numero significativo di pazienti deve essere la priorita’
delle autorita’ sanitarie. Quello che i medici e i pazienti di
tutto il mondo stanno denunciando da tempo e’ ormai certezza. Il
direttore dell’Oms Europa, Hans Kluge, in in una conferenza
stampa usa il termine inglese ‘long Covid’ per descrivere un
fenomeno diffuso nell’area e cioe’ che dopo 12 settimane dal
coronavirus una persona su 10 contagiata non e’ ancora in buone
condizioni di salute. Indipendentemente dalla gravita’ della
malattia avuta, i segni che il Sars-Cov-2 lascia sull’organismo
possono durare mesi e avere conseguenze sulla respirazione, le
capacita’ fisiche e il benessere psicologico. Ma con un’attenta
riabilitazione il Long Covid si supera, e si supera prima. A
metterlo in luce e’ una lunga lista di articoli scientifici,
condotti in tutto il mondo. Tra questi, uno studio degli
Istituti Clinici Scientifici Maugeri e in via di pubblicazione
su ‘Respiration’, che ha esaminato i dati di 140 pazienti
sottoposti a un percorso di riabilitazione, osservando gia’ dopo
3 settimane un miglioramento significativo nel 75% dei casi.
“I problemi del Long Covid dipendono da molti fattori e possono
interessare – spiega all’ANSA Michele Vitacca, direttore del
Dipartimento Pneumologia Riabilitativa degli Ics Maugeri Pavia –
l’aspetto respiratorio, cardiologico e muscolare. I due sintomi
principali sono la sensazione di mancanza di fiato e la
stanchezza cronica, a volte accompagnati da ansia, disturbi di
memoria, depressione, danno neurologico e muscolare. A fronte di
questo quadro clinico, non infrequente, la riabilitazione si
basa su tre pilastri. “Il primo e’ il recupero respiratorio
ovvero andare a riaprire e dilatare, con farmaci, dispositivi e
ginnastica respiratoria, gli spazi degli alveoli polmonari che
sono stati compressi. Il secondo pilastro e’ la rieducazione
motoria per recuperare dei semplici movimenti: dal letto alla
poltrona, dal camminare alla cyclette fino al tapis roulant,
aumentando pian piano l’attivita’ cosi’ da rieducare i muscoli e
ridurre la desaturazione di ossigeno durante l’attivita’ fisica”.
C’e’ infine una terza area da riabilitare, quella neurologica e
mentale. “Il Covid – aggiunge Vitacca – lascia quella che viene
definita sindrome post traumatica da stress, che colpisce
memoria e psiche, ma le terapie comportamentali aiutano il
recupero e il reinserimento sociale”. Tutto questo lavoro,
conclude l’esperto, “puo’ in alcuni casi anche esser fatto in
teleassistenza ma e’ importante che coinvolga team
multidisciplinari, caratterizzati da lavoro di squadra tra
fisioterapista, pneumologo, cardiologo e psicologo”