A Cura di Valentina Busiello

La scrittrice e professoressa Giulia Notarangelo dagli occhi color “cielo-mare” – questa è stata la mia prima impressione nel conoscerla e lei mi ha confermato che il suo rapporto simbiotico con il cielo ed il mare, si evince ed è fortemente presente in tante sue poesie – ha conseguito la laurea in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Bari ed è stata per lunghi anni docente di Lettere nelle Scuole medie. Dallo spirito eclettico, è un vulcano di idee e passioni che ha trasmesso ai giovani soprattutto attraverso l’amore per la cultura e la poesia.
Nata nella splendida città di Bari, dove il mare è uno scenario incantevole, ha pubblicato in diverse antologie curate dai “Poeti della Vallisa”, prima di decidersi a pubblicare da sola.
Un incontro, il nostro, che nasce dall’empatia tra intervistata e intervistatrice, a cui la poetessa ha donato l’ultimo numero della rivista letteraria “La Vallisa” (di cui è attualmente redattrice) insieme all’ultimo “figlio di carta”, la silloge dal titolo “QUEL CHE RESTA” della casa editrice Tabula Fati, Chieti 2021, che proprio in questi giorni ha vinto il premio 2022 per l’editoria abruzzese, riservato ad autori non abruzzesi.
Ecco come le piace raccontarsi:
Radionauta non per caso, ama pro-porre e proporsi.
Eclettica, albivaga, sognatrice, ama il mare, ne scruta gli abiti e gli umori tutto l’anno.
Ha insegnato per una vita la curiosità e lo stupore ai ragazzi di scuola media.
Svaga e divaga.
Ama il prossimo, l’umanità canina, la casa-terra, l’infinito azzurrino del mare-cielo. Ama giocare con le nuvole.
Pessi/ottimista insegue il sole, e mantiene accesa la fiaccola del sesto senso.
Coltiva numerosi interessi nel campo cultural-letterario.

Professoressa Giulia, ci parla del suo terzo capolavoro, il libro dal titolo “QUEL CHE RESTA”, edito da Tabula Fati, Chieti, 2021, elencandoci alcune delle sue poesie molto belle e ricche di passioni e significati?
Il mio terzo” figlio di carta”, “QUEL CHE RESTA” è un viaggio dentro e fuori di me cercando di fare un bilancio di tutto ciò che ho seminato. Il titolo è di per sé volutinconsciamente onnicomprensivo.
Voglio a tal proposito citare cosa ha scritto di me Patrizia Calefato nell’introduzione :“ Mi colpiscono i luoghi. Accanto alle persone, alle emozioni, ai sorrisi, ai dispiaceri, alle sorprese spiccano infatti spesso minuti riferimenti ai luoghi, illuminati come in un flash dalle misurate parole: una strada, una piazza, un padiglione, una casa, persino un social network.”
Le poesie che mi vengono in mente in questo momento sono:
BALCONE SUL MARE
IMMAGINI DI BORGO PIAVE
DONNA IN CARRIERA
LUPO DI MARE
TRA I SASSI
LA CASA SUL MARE

Ci parla del primo libro dal titolo “LA TECA DI CRISTALLO” ed anche del secondo libro dal titolo “COME SE IL TEMPO”?

Il primo libro, “LA TECA DI CRISTALLO”, è il mio esordio. La poesia è, come afferma Daniele Giancane nella presentazione, “quasi sempre breve e incisiva, come a voler condensare i sentimenti dell’anima. C’è una sotterranea tensione che cerca per questo l’approdo all’empatia, all’amicizia, alla condivisione” e assieme a “COME SE IL TEMPO”, la seconda raccolta, ha incontrato il consenso dei lettori e della critica vincendo diversi premi, tra cui quello dell’Editoria abruzzese per autori non abruzzesi.
“COME SE IL TEMPO” (Tabula Fati, Chieti,2018) , secondo il giudizio critico di Patrizia Calefato espresso nella presentazione, conferma “la levità e la delicatezza quali tratti di fondo della scrittura. Il libro si divide idealmente in due parti: una intitolata “Haiku”, e una seconda, senza titolo, che si apre con la poesia “Memoria”. Nella prima parte, trova una misura perfetta della sua capacità espressiva: l’haiku, appunto, quella breve composizione poetica nata in Giappone nella quale la parola è un istante, un tutt’uno con l’atto di afferrarlo. Parole leggere, quasi “senza peso” come recita uno degli haiku. Parole che scivolano incaute, verso il lettore, ben consapevoli però del mondo di affetti e di emozioni profonde. Lievi e intense allo stesso tempo, misurate, quasi come se si nascondessero discretamente le parole, non sono però mute, a dispetto di un altro titolo di haiku basato su questo bisticcio. Raccontano momenti, luoghi, persone; fissano il tempo”.

Professoressa Giulia Notarangelo, lei è un vulcano di idee e passioni, con una lunga esperienza nell’insegnamento che sembra una vocazione naturale, ce la descrive?

Ho insegnato per quasi quaranta anni ai giovani delle scuole medie, attraverso la mia vocazione all’insegnamento libero, alla curiosità, al coinvolgimento verso lo studio, verso la cultura e la formazione in generale. Ho sempre cercato di rispondere alle esigenze degli alunni, motivandoli e gratificando anche i meno dotati. La mia vocazione è stata sempre quella di trasmettere l’amore per il sapere non solo attraverso i libri, ma soprattutto attraverso l’esempio e scavando nelle proprie inclinazioni ed emozioni.

Come nasce questo coinvolgimento verso la poesia?

Questa mia predisposizione è stata ereditata dal mio “babbo aviatore”, formato alla Regia Accademia di Caserta con il corso Sparviero e diventato pilota dell’Aeronautica Militare con la passione per l’arte, la musica classica, la poesia e la cultura in generale. C’è stato da parte sua una specie di contagio naturale.
Da studentessa universitaria, dopo ogni esame, amavo rilassarmi ascoltando musica classica, iniziando dal “Boléro” di Ravel”, ed ho educato così anche mio figlio. Ho continuato, insegnando ai ragazzi questo mio amore per il sapere, invogliandoli a imparare a memoria in classe le poesie che proponevo secondo il programma e che già io avevo a mia volta imparato durante il mio percorso scolastico dalle medie al liceo classico. Realizzavo delle gare di poesia tra coloro che riuscivano a imparare a memoria per primi, coglievo al volo, attraverso l’ascolto, le loro prime impressioni, cosicché. man mano, essendo motivati e gratificati, riuscivano ad imparare perfino i sonetti di Ugo Foscolo, le poesie di Leopardi, e di Dante, i brani della Commedia, ovviamente quelli più adatti alla loro età e sensibilità.
Ad un certo punto, stanca della quotidianità e volendo evadere dalle quattro pareti ho avvertito la necessità di libertà e di rinnovamento ed ho preso a frequentare per puro piacere un Corso di Inglese e diversi Corsi di perfezionamento post-universitari, coinvolgendo e portando spesso con me gruppetti di alunni in orari extrascolastici. In uno di questi corsi, DIDATTICA DELLA SCRITTURA, durante un laboratorio di poesia, ho conosciuto il gruppo dei “poeti della Vallisa” .È stata questa la mia prima prova di poesia che mi ha schiuso nuovi orizzonti, aprendo le cateratte del cielo.
Ricordo, era il 6 marzo del 2001, che, tornando a casa, a Palese con il trenino metropolitano, nacque la mia prima poesia (“Libertà”) che apre la mia prima silloge, “LA TECA DI CRISTALLO.
Quasi tutte le mie poesie mantengono sotto il titolo le rispettive date di nascita. È un mio vezzo ed è anche un modo per non dimenticare tempi e occasioni.
Ho iniziato subito dopo a seguire il gruppo di questi poeti che si riunivano (ed ancor oggi si riuniscono) ogni lunedì pomeriggio, già da tempo, presso la libreria “Roma”, situata nella omonima piazza della Stazione di Bari, oggi intitolata ad Aldo Moro.
Ho impiegato tanto tempo prima di decidermi a pubblicare. LA TECA DI CRISTALLO è uscita, infatti, solo nel 2015!
Scrivere è come mettersi a nudo anche se, fino a un certo punto, poiché spesso si riesce, attraverso la PAROLA, a dire non dicendo, e a non dire dicendo.
La mia è una vocazione laica, fatta di entusiasmo e di voglia di lasciare traccia di me a chi verrà.