Con un titolo accattivante e simbolico, Bagliori del secolo breve, che cita il celebre saggio di Eric Hobsbawm, si inaugura mercoledì 23 aprile alle ore 20, nella sede tradizionale di Villa Pignatelli grazie alla collaborazione della direzione del Palazzo Reale che da giugno 2024 si occupa anche della gestione del Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes, l’edizione 2025 della rassegna “Maggio della Musica” presieduta da Gina Baratti, con la direzione artistica di Stefano Valanzuolo. Domenico Nordio e Francesco Dillon, concertisti di fama internazionale, affrontano due capolavori del primo Novecento. La Sonata di Zoltán Kodály (Duetto per violino e violoncello, op. 7, 1914) innesta la musica popolare ungherese nelle forme classiche; la Sonata di Maurice Ravel (Sonata in Do Maggiore, 1922) è dedicata “alla memoria” di Debussy. Completa il programma la famosa Passacaglia scritta da Georg Friedrich Händel, per clavicembalo, nel 1720 (tratta dalla Suite n.7 in Sol minore per clavicembalo) e trascritta da Johan Halvorsen nel 1893. Sono venticinque i concerti che formano la stagione 2025, disegnata da Stefano Valanzuolo. L’originalità della rassegna proposta dal “Maggio della Musica”, rimanda ai contenuti dei concerti e ai nomi dei protagonisti, scelti in modo da alternare volti nuovi a presenze già consolidate. l fascino della scoperta, cioè, al piacere rassicurante del ritrovarsi. Nordio e Dillon, rappresentano un’eccellenza nel panorama musicale. Il primo è uno dei più acclamati violinisti italiani del nostro tempo. Si è esibito ultimamente in molte sale prestigiose internazionali con orchestre come London Symphony,
National de France, Orchestre de la Suisse Romande, tra le altre.
Veneziano, 54 enne, allievo di Corrado Romano e di Michèle
Auclair, ha vinto a sedici anni il Concorso”Viotti” di Vercelli,
con il leggendario Yehudi Menuhin presidente di Giuria. È un
artista Sony Classical.
Con una brillante carriera internazionale caratterizzata
dall’originalità del repertorio esplorato, Francesco Dillon non è
da meno. Torinese, 52 anni, si esibisce come solista su
importanti palcoscenici quali il Teatro alla Scala, Konzerthaus
di Vienna, Muziekgebouw di Amsterdam, Philharmonie di Berlino,
Herkulessaal di Monaco di Baviera, Laeiszhalle di Amburgo, Jordan
Hall di Boston. Diplomatosi sotto la guida di Andrea Nannoni a
Firenze, si è perfezionato con Anner Bijlsma, Mario Brunello,
David Geringas e Mstislav Rostropovich. Ha studiato Composizione
con Salvatore Sciarrino.
Compositore ed etnomusicologo ungherese, Kodály ha contribuito a
rinvigorire la cultura musicale del proprio Paese. Al pari del
collega e connazionale Béla Bartók, fu assiduamente coinvolto in
un’estesa ricerca sul canto popolare ungherese, contribuendo
all’evoluzione di una moderna musica d’arte nazionale radicata
nello spirito folklorico eppure non disgiunta dall’estetica della
tradizione classica del Novecento. Sebbene la produzione di
Kodály sia dominata dalla musica vocale e di scena, esiste
un’interessante serie di opere da camera, con i due quartetti per
archi, l’epica sonata per violoncello solo e lo straordinario Duo
per violino e violoncello, op. 7, che fonde i modelli
tradizionali ungheresi con le forme di un linguaggio in
evoluzione.
La Passacaglia ricorre nella settima delle otto suite per
tastiera di Händel, pubblicate ufficialmente per la prima volta
nel 1720 in Inghilterra con il nome di “Suite de Pièces pour le
clavecin composées par G. F. Haendel”, dopo che erano già apparse
(senza il permesso dell’autore) ad Amsterdam. La Passacaglia che
conclude la Suite n.7 è molto conosciuta anche in virtù
dell’arrangiamento che il compositore, direttore e violinista
norvegese Johan Halvorsen (1864-1935) ne trasse per violino e
viola (o violoncello) nel 1897. Händel utilizzò questa musica
anche in nel suo concerto per organo HWV 306.
Dedicata alla memoria di Debussy, la Sonata per violino e
violoncello di Ravel fu pubblicata da Durand nel 1922 ed ebbe la
sua prima esecuzione integrale il 6 aprile di quello stesso anno
alla Salle Pleyel di Parigi: il pubblico rimase alquanto
sconcertato dalla Sonata e molti critici ne stigmatizzarono le
dissonanze e le armonie aspre, interpretandole come frutto di
snobismo intellettuale. L’autore ne scrisse così: “Credo che
questa sonata segni una svolta nell’evoluzione della mia
carriera. Lo spoglio vi è spinto all’estremo. Rinuncia al fascino
armonico; reazione sempre più netta nel senso della melodia”.
