La qualita’ di vita del paziente colpito da cancro deve guidare la scelta della terapia. Ne sono convinti otto oncologi su dieci che sostengono infatti che un trattamento con un profilo di tollerabilita’ peggiore va scelto solo se garantisce una sanita 1sostanziale superiore efficacia. quanto emerge da due sondaggi condotti lo scorso ottobre dalla Fondazione “Insieme contro il Cancro” su 533 oncologi e 354 persone colpite da tumore del polmone e del seno in fase avanzata e presentati oggi. Per fare questo servono pero’ nuovi strumenti per facilitare il dialogo con i pazienti perche’ soltanto il 46% dei malati si e’ sentito realmente coinvolto nella scelta di terapie di pari efficacia ma con meno effetti collaterali. Serve dunque – si evince dal sondaggio- un’alleanza con i medici di famiglia per gestire in modo ottimale questi disturbi anche perche’ c’e uno scollamento tra il punto di vista degli specialisti e i pazienti: infatti il 90% dei camici bianchi afferma di rendere partecipe il malato in questa decisione. “Una migliore qualita’ di vita svolge un ruolo decisivo nell’adesione alle cure, come affermato dal 93% degli oncologi – spiega Francesco Cognetti, presidente Fondazione ‘Insieme contro il Cancro’ -. Spesso i pazienti interrompono le terapie proprio a causa dei disturbi causati dai farmaci. Per questo e’ fondamentale individuare,a paragonabile efficacia dei trattamenti, quei farmaci che garantiscono minori effetti collaterali. Inoltre il numero crescente delle formulazioni orali che permettono al paziente di vivere il trattamento a domicilio con il supporto dei familiari richiede una migliore collaborazione con la medicina del territorio”. “L’oncologo – afferma Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica all’IEO di Milano – presta molta attenzione alla qualita’ di vita, come sottolineato dall’84% dei pazienti. Una sensibilita’ che si traduce anche nella scelta della terapia che tende ad essere sempre piu’ chemo-free,superando l’utilizzo della vecchia chemioterapia. Un trattamento piu’ efficace, per essere preferito nonostante la peggiore tollerabilita’, deve dimostrare un risultato migliore in termini di sopravvivenza di almeno 90 giorni per l’85% degli oncologi intervistati e di 6 mesi per il 41%”

A cura di Vittorio Imperatore