La chiamata diretta, che avrebbe dovuto garantire alle scuole italiane i docenti con le competenze piu’ adatte alle esigenze dei Piani triennali dell’offerta formativa (Ptof) “si e’ rivelata un fallimento”, “e’ stata snobbata dalla maggior parte dei dirigenti scolastici”. quanto emerge da una rilevazione condotta dalla Gilda degli Insegnanti attraverso le sue sedi provinciali. I dati raccolti dal sindacato tracciano una situazione a macchia di leopardo, con il Nord piu’ ligio e le regioni del Centro e del Sud dove invece i presidi hanno preferito che ad assegnare i professori ai loro istituti fossero gli uffici scolastici territoriali. Nell’area settentrionale del Paese, la media delle scuole che, per coprire cattedre libere, hanno effettuato la chiamata diretta si attesta intorno al 50%, con il dato piu’ alto registrato nella provincia di Bergamo (circa 72%) e quello piu’ basso a Venezia (20%). Al Centro, la cui media raggiunge quasi il 28%, si evidenzia un quadro piuttosto omogeneo nelle province di Prato, Pistoia, Latina e Roma, dove soltanto circa il 20-30% delle scuole ha utilizzato lo strumento della chiamata diretta, mentre a Firenze la percentuale sale al 60%. Agli antipodi Pisa e Lucca, con nessun istituto che ha fatto ricorso alla novita’ introdotta dalla legge 107/2015, e Ferrara e Piacenza dove la chiamata diretta e’ stata impiegata rispettivamente nel 100% e nel 90% delle scuole. Scenario diverso al Sud: nella provincia di Catanzaro appena 5 istituti su 69 hanno reclutato gli insegnanti attraverso la chiamata diretta (7%); il 10% a Bari, Caserta e Napoli; il 15% a Reggio Calabria; il 30% a Palermo e Siracusa. Media: 12%. Caso emblematico quello di Nuoro dove, come a Pisa e Lucca, la
percentuale e’ pari a zero. ” ora che il Governo prenda atto dell’evidente fallimento della chiamata diretta – commenta Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda – e che si ritorni al sistema delle graduatorie con criteri oggettivi, cosi’ come previsto dalla Costituzione”.