Il dott. Carmine Lauriello, Coordinatore cure domiciliari Caserta, spiega il perché di tale progetto
“ Nel corso degli ultimi decenni il concetto e la definizione di disabilità hanno subito una profonda revisione, in rosa 1particolare si è passati da un modello di tipo bio-medico, centrato sul concetto di danno-menomazione quale causa-effetto, ad un modello di tipo bio-psico-sociale, caratterizzato da una visione globale e dinamica della disabilità che tiene in debita considerazione la natura reciproca delle interazioni individuo/ambiente.
In questo secondo modello i disordini evolutivi vengono considerati come una variazione del funzionamento umano, che origina dall’interazione tra caratteristiche intrinseche dell’individuo e le caratteristiche dell’ambiente fisico e sociale. In questa prospettiva i fattori ambientali e fattori di riattivazione personale possono modificare profondamente l’impatto della disabilità.
L’autismo, che per definizione rappresenta una disabilità sociale, per la natura dei suoi deficit specifici richiede, più di ogni altra disabilità, un approccio terapeutico globale ed integrato (Linee Guida Autismo, SINPIA 2005), che risponda al modello bio-psico-sociale; pertanto attivare un progetto per queste famiglie che prevedesse una presa in carico globale attraverso 18 ore, che tagliano trasversalmente casa/scuola ed ambiente terapeutico, era una necessità ed un obbligo. Si tratta di una necessità nella misura in cui ad oggi le famiglie sono spesso costrette ad rosa 2affidarsi ai privati in assenza di regolamentazioni specifiche; si tratta di un obbligo in quanto l’ASL deve attivare protocolli di sorveglianza e verifica anche sull’efficacia dei trattamenti.
La scelta sul tipo di intervento, modelli che si ispirano ai principi dell’Analisi Applicata del Comportamento, è in linea con le Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità del 2011, che partono dalla revisione dell’attuale letteratura scientifica. Tali linee guida indicano tra gli interventi maggiormente efficaci ed evidence based quelli ABA: applicare un modello ABA significa (a) prevedere un programma curriculare continuamente aggiornato e modificato in funzione di dati e delle esigenze del bambino, (b) coinvolgere attivamente la famiglia ed i contesti educativi più generali favorendo la stabilizzazione di nuovi obiettivi e la generalizzazione di abilità emergenti, (c) gestire anche nei casi più gravi i problemi legati alla comunicazione ed ai comportamenti disadattivi”.
Il prof. Francesco Di Salle, Ordinario dell’Università di Salerno, ci spiega che cos è l’ABA:
“ In molte persone vige la confusione tra ABA e modello di intervento per l’Autismo; l’Analisi Applicata del rosa 3Comportamento non è un trattamento per l’Autismo, ma una scienza naturale che si occupa di individuare procedure di insegnamento che favoriscano lo sviluppo di comportamenti socialmente significativi. L’ABA trova applicazione sicuramente nel trattamento di soggetti con Autismo, ma è una scienza spendibile in tante altre situazioni di educazione speciale (gestione dell’ADHD, della Disabilità Intellettiva, etc…) e che è anche alla base dell’educazione di soggetti con sviluppo tipico; fare ABA significa curare l’insegnamento attraverso i principi e le leggi che governano l’apprendimento stesso. Appare chiaro che alle soglie del 2016 è auspicabile che operatori della riabilitazione e della rete educativa abbiano nel loro bagaglio culturale nozioni e strategie ABA; se decido di insegnare devo conoscere i principi e le strategie per l’insegnamento evitando errori tanto più in un Disturbo complesso come l’Autismo”.
Nella giornata di presentazione di questo progetto tante le famiglie e le associazioni a cui non ci resta che augurare un rosa 4in bocca al lupo. La dott.ssa Donatella Palma, Presidente NPIA in Rete associazione campana di Neuropsichiatri Infantili, commenta:
“nel riconoscere scientificamente valida la metodologia ispirata all’ABA e non essendoci ancora una normativa in materia di erogazione di questi trattamenti noi neuropsichiatri ci rendiamo fin da subito disponibili a partecipare al tavolo tecnico regionale ed ad ogni processo di ricognizione dati e sperimentazione. L’eterogeneità dei quadri clinici contemplati nella categoria dei Disturbi dello Spettro Autistico da un lato ci pone di fronte al vincolo della formazione continua al fine di essere case manager dei nostri pazienti capaci di fornire risposte specifiche e monitorare i processi di aggiornamento della riabilitazione, e dall’altro ci vede protagonisti nell’indirizzare attraverso una condivisione attiva le famiglie verso le scelte giuste per il singolo”.

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