Quelle finora identificate sono 8.000 e nel mondo colpiscono un milione di persone, il 40% delle quali
ha meno di 18 anni: sono le malattie rare, per le quali i
servizi di telemedicina sui quali su punta nel Recovery Plan
potrebbero diventare un’opportunita’ importante. Lo rileva
Annalisa Scopinaro, presidente della Federazione delle
Associazioni di Persone con Malattie Rare d’Italia (Uniamo),
alla vigilia della Giornata mondiale dedicata alle malattie
rare.
Chi e’ colpito da queste malattie, osserva, “dovrebbe essere
invece una priorita’ che deve essere presente e affrontata in
tutti i provvedimenti di salute pubblica, con una sua specifica
rilevanza”. I malati rari, rileva Scopinaro, chiedono
un’assistenza che parta dalla diagnosi e terapia e
dall’affidamento ai centri specializzati presenti in Italia, che
si articoli anche sul territorio e che faccia si’ che i pazienti
possano essere presi in carico soprattutto a domicilio, dove
possano svolgere una vita quanto piu’ di qualita’ sia possibile.
L’assistenza domiciliare si accompagna all’assistenza
infermieristica e l’infermiere, osserva la presidente di Uniamo,
“e’ la figura che ci permette di gestire al meglio la terapia”.
Sulla stessa lunghezza d’onda e’ la Federazione nazionale
degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), che ha
promosso una partnership con Uniamo: “un valore e una
straordinaria opportunita’ che gli infermieri hanno per centrare
sempre piu’ l’agire quotidiano e la politica professionale sui
veri bisogni”, dice la presidente della Fnopi, Barbara
Mangiacavalli. La figura dell’infermiere di famiglia e di
comunita’ e’ definita per legge, “ma – rileva – ora si deve
sviluppare ed essere presente in tutte le Regioni, con effetti
diretti e positivi sulla qualita’ dell’assistenza garantita ai
cittadini e sulla tenuta del Servizio Sanitario Nazionale.
Per Tonino Aceti, presidente dell’organizzazione
indipendente Salutequita’ , per la valutazione della qualita’ delle
politiche per la salute il modo migliore per celebrare la
Giornata dovrebbe essere, da parte delle istituzioni, per
“onorare gli impegni presi e rimettere al centro delle politiche
sanitarie l’equita’ di accesso, a partire dal rendere finalmente
esigibili su tutto il territorio nazionale i nuovi Livelli
Essenziali di Assistenza (Lea), che a distanza di quattro anni
sono ancora in gran parte solo sulla carta”.