Sono angeli da contemplare o crudeli seduttrici, fonti di ogni peccato o muse ispiratrici, dive irraggiungibili o corpi nudi da ammirare; sono mogli e madri, non sempre felici, a volte inquiete e distanti; sono creature dubbiose e segnate dalla solitudine esistenziale, ma anche tenaci rivoluzionarie che riflettono sulla propria identità, con la determinazione a emanciparsi da una società patriarcale. Raccontano l’arte e la cultura del loro tempo le tante, affascinanti figure femminili che la Galleria d’Arte Moderna di Roma presenta nella mostra “Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione”, allestita dal 24 gennaio al 13 ottobre. A cura di Arianna Angelelli, Federica Pirani, Gloria Raimondi e Daniela Vasta, la mostra si focalizza sulla rappresentazione della donna e sulla sua evoluzione tra correnti artistiche e contesti culturali, in un percorso di circa 100 opere (dipinti, sculture, grafica, fotografie e video) che dalla fine dell’800 conduce fino ai giorni nostri. Dall’immagine femminile nell’amor sacro e nell’amor profano con “Le vergini savie e le vergini stolte” di Giulio Aristide Sartorio e “La sultana” di Camillo Innocenti, ai corpi nudi rappresentati da Felice Carena, Mario Ceroli e Fausto Pirandello
(a quest’ultimo è dedicato un focus a parte, in una sorta di piccola mostra nella mostra); dall’indagine introspettiva resa sulla tela con i ritratti (un lungo corridoio in cui brilla per
intensità e bellezza l’omaggio che Balla fa alla moglie Elisa ne
“Il dubbio”) alla raffigurazione della maternità, tra Antonietta
Raphael e Pino Pascali, e dell’inquietudine, con la “Susanna” di
Felice Casorati, si arriva alla decostruzione e ricostruzione
dell’identità femminile a partire dagli anni ’60, di cui diviene
emblema “L’altra ego” di Giosetta Fioroni e Marco Delogu.
Un’ultima sala infine, più politica, approfondisce le relazioni
tra arte, lotte femministe ed emancipazione femminile, con
materiale documentario proveniente da Archivia – Archivi
Biblioteche Centri Documentazione delle Donne.
Per secoli oggetti prediletti della creatività, ma
drammaticamente poco considerate e quasi invisibili nel mondo
dell’arte, le donne sono rappresentate in questo progetto
espositivo nella complessità e nelle contraddizioni di un
percorso storico che, tra cambiamenti sociali e politici e crisi
dei valori tradizionali, le ha viste prima subire passivamente
il predominio del maschio e poi lottare per conquistare diritti
e opportunità. Con uno sguardo femminile e femminista, la mostra
ha il pregio non scontato di valorizzare le collezioni d’arte
contemporanea capitoline (con opere mai esposte o non esposte da
lungo tempo), ma soprattutto di offrire al pubblico tante
letture, da quella più propriamente artistica a quella sociale
fino a quella politica.
Anche per questo, a corredo dell’esposizione, è previsto un
fitto calendario di attività, fra aprile e ottobre, nel segno
dell’interdisciplinarietà (letture, proiezioni, performance,
incontri) con l’obiettivo di riflettere sulla questione
femminile in chiave attuale. In primavera poi anche un contest,
#donneGAM, attraverso il quale la Galleria inviterà il pubblico
a condividere sui social network fotografie di donne
protagoniste della propria storia.
“Questo tema non è affatto scontato, soprattutto per i
ragazzi, se pensiamo che il diritto di voto per le donne è
arrivato solo nel 1946 o che durante il fascismo molti mestieri
erano preclusi alle lavoratrici. Alcune conquiste sono recenti e
questa consapevolezza deve uscire dalla mostra”, spiega oggi
Federica Pirani, “raccontiamo l’immagine femminile dai primi del
‘900 a oggi e con un apporto interdisciplinare anche la storia
dell’emancipazione. Bisogna continuare a restare vigili e
provare a sensibilizzare il pubblico”.