La sensazione è che il “governo del cambiamento” continui ad andare avanti a suon di slogan. Una rincorsa a perdifiato a chi “la spara più grossa”, nella convinzione che una volta lanciata un’idea questa non potrà non concretarsi. E, invece, se ipotizzi una soluzione campata in aria essa non solo, ovviamente, non si realizzerà, ma diventerà un boomerang per chi l’ha proposta.

“Il carattere è il destino di una persona” recita il vecchio adagio. Ma anche, e soprattutto, di chi le sta accanto. Stesso discorso vale per i governi. L’indole è determinante per la loro sorte, ma anche per quella dei cittadini. Mentre, però, è proprio complesso modificare il carattere di un essere umano, dovrebbe essere più semplice mutare quello di un governo. Ciò in base ai risultati che si ottengono relativamente alle politiche che si portano avanti. In altri termini, se certe operazioni palesemente non portano benefici al paese bisognerebbe avere il coraggio di modificarle, senza batter ciglio.

Diceva Ezio Tarantelli – l’economista ucciso dalle Brigate rosse – che la gente, anche difronte alle questioni economiche più complesse, quando le vengono spiegate in buona fede, capisce e condivide.

Un altro elemento imperativo che ricorre spesso nelle dichiarazioni di Salvini e Di Maio è il “contratto di governo”. Tutto quello che c’è dentro all’accordo va attuato, costi quel che costi. Di cose da fare ce ne sono in quell’intesa, scritta a tavolino quando si aspirava a diventare inquilini di Palazzo Chigi. Tanti bei propositi teorici che però si devono confrontare con i bisogni del paese reale, che certo si toccano con mano quando non sei più nel chiuso di quattro mura a scrivere buone intenzioni. La “politica” non è altro che “gestione” della “polis” che va fatta con pragmatismo, tenendo conto delle esigenze della gente. C’è una bella differenza tra il capire realmente le necessità del “popolo sovrano” e l’interpretare le stesse tenendo in testa stereotipi fuorvianti. Saranno i preconcetti – o le ideologie – a prevalere quando non c’è un’apertura mentale centrata unicamente sulle reali necessità dei cittadini.

Anche se i leghisti storcono il naso Di Maio ha portato a casa i sui cavalli di battaglia: “il reddito di cittadinanza” e la “pensione di cittadinanza”. Il costo per le casse dello Stato è di dieci miliardi di euro. Una bella cifra che non servirà a mettere in moto la nostra economia. C’è poi Salvini che propone un’aliquota fiscale unica al 15%, vecchia promessa di Forza Italia. Per quanto riguarda i costi dell’operazione per il team leghista si aggirerebbero a circa 40 miliardi. Di miliardi di euro ce ne vorrebbero ben 100, secondo alcuni economisti, per attuare la Flat tax. Insomma, siamo alle giocate dei numero al lotto.

C’è poi, per il leader leghista, la legge predisposta dalla signora Fornero che va smantellata al più presto. E’ un impegno solenne che ripete ogni volta che può. Salvini però non prova a spiegare come proverà a sostituire la norma senza che le casse dello Stato si svuotino. Neanche invocando lo Spirito Santo sarà possibile il rimpinguamento di quelle casse tanto vitali per noi cittadini italiani.

Ci sono poi le “pensate” ad effetto che arrivano all’improvviso ai nostri leader politici, come le ispirazioni ai poeti e agli scrittori. Di Maio pensa di nazionalizzare l’Alitalia, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti che dovrebbe sostenere finanziariamente l’operazione. Anche il Mef entrerebbe nella nuova Alitalia, convertendo il prestito ponte in azioni, eppoi entrerebbero le Ferrovie con una partecipazione di minoranza. C’è da dire che le Fondazioni bancarie, azioniste col 16% della Cassa non ne vogliono sapere di alcun coinvolgimento nel salvataggio della compagnia di bandiera.

“Io penso che delle cose che fa il Tesoro debba parlarne il ministro dell’Economia. Io non ne ho parlato”. Più chiaro di così Giovanni Tria non poteva essere in merito alla proposta avanzata da Di Maio per il salvataggio di Alitalia. Per Matteo Salvini – e non poteva essere diversamente – il matrimonio Alitalia-Ferrovie “è una via percorribilissima, se ci si riesce. Le nostre ricette non saranno tutte perfette, ma secondo me sono le più adatte e noi ci crediamo”. Nel frattempo lo spread non sta fermo a guardare.

di Elia Fiorillo