Si cerca di non chiudere ma in tanti sono già pronti a gettare la spugna. «Meglio chiudere tutto che accettare queste mezze misure» dicono gli imprenditori. Sono 2.600 i bara Napoli, circa 13 mila in Campania, migliaia i dipendenti a rischio. Bare ristoranti possono restare aperti dalle 5 alle 24 ma solo se hanno servizio ai tavoli. In caso contrario il nuovo Dpcm vieta la vendita dopo le 18. «Ho appena chiuso uno dei miei tré locali – si affretta a spiegare Fabrizio Ferretti delle birrerie “Mosto” a Ghiaia non abbiamo servizio al tavolo, avrei dovuto chiudere ogni sera alle 18. Non riaprirò fino ai prossimi decreti nazionali o ordinanze regionali, ho trasferito tré dei miei 16 dipendenti, non è facile. Ma vedere centri commerciali e metro pieni, mi fa pensare che il nostro sforzo sia inutile. Avrei digerito meglio un lockdown totale due settimane fa, meglio chiudere le frontiere che restare in questo limbo, così si naviga a vista. I contagi non diminuiranno e la nostra chiusura sarà stata inutile e se arriveremo a Natale con que ste restrizioni prevedo che poche aziende alzeranno le saracinesche a gennaio». Gli esercenti sono costretti a districarsi nella giungla di regole, tra ciò che ha stabilito il governo e quanto ordinato dalla Regione. «Quale sarà la prossima regola? – si chiede Massimo Di Porzio, presidente Fipe Confcommercio Campania 79 ordinanze e non so più quanti Dpcm… Siamo davvero confusi e in attesa di sapere quale sarà il prossimo provvedimento. Sembra una gara a chi fa più limitazioni. Io credo che la restrizione imposta ai bar senza servizio a tavolo alle 18 sia un provvedimento assurdo, che condannerà molti operatori a chiudere. Aspettiamoci grandi proteste, perché nessuno ha provato neanche a prevedere un risarcimento per loro. Gli si imputa la creazione degli assembramenti ma qualcuno li avrà pure autorizzati e costretti a fare investimenti per adeguare i locali». «Ma perché ce l’hanno con la nostra categoria?» si sfoga Antonio Ferrieri, titolare dei bar della catena “Cuori di sfogliatella”