Porrebbe risiedere negli occhi una spia del Parkinson, malattia neurodegenerativa che in Italia colpisce almeno 250mila persone. Le persone con la patologia perdono gradualmente le cellule cerebrali che producono dopamina, una sostanza che aiuta a controllare il movimento e ora un nuovo studio ha scoperto che l’assottigliamento della retina sembra legato alla perdita di tali cellule cerebrali. La ricerca, condotta dal Seoul Metropolitan Government-Seoul National University Boramae Medical Center, in Corea del Sud, è stata pubblicata online su Neurology.
Lo studio ha coinvolto 49 persone con un’età media di 69 anni a cui era stato diagnosticato il Parkinson in media due anni prima, ma che non avevano ancora iniziato i farmaci, confrontandole con altre 54 senza la malattia, abbinate per età.
I ricercatori hanno valutato ciascun partecipante allo studio
con un esame oculistico completo e scansioni oculari ad alta
risoluzione che utilizzano onde luminose per scattare fotografie
di ogni strato della retina. Inoltre, su 28 dei partecipanti con
malattia di Parkinson e stata effettuata anche una tomografia ad
emissione di positroni (Pet) per misurare la densità delle
cellule produttrici di dopamina nel cervello. Dagli esami è
emerso che la retina si assottiglia, in particolare nei due
strati interni dei cinque complessivi, in coloro che hanno il
Parkinson. “Sono necessari studi più ampi per confermare i
nostri risultati e per determinare il motivo per cui
l’assottigliamento della retina e la perdita di cellule
produttrici di dopamina siano collegate”, ha detto Lee. “Se ciò
fosse confermato, scansioni della retina potrebbero non solo
consentire un trattamento precoce ma un monitoraggio più preciso
dei trattamenti che potrebbero rallentare la progressione della
malattia”.