“Ad un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone… giunto all’esterno… mi sono
sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito
delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole
di essere la causa di quello che stava accadendo…”. Mette i
brividi la confessione resa da Mariano Cannio agli investigatori
della Polizia e della Procura di Napoli mentre la sera di
venerdi’ scorso acquisivano sommarie informazioni sulla tragedia
che poche ore prima aveva scosso un’intera citta’ : la morte
violenta di un bambino di appena 4 anni precipitato nel vuoto da
un balcone al terzo piano di un palazzo che si trova nei pressi
di via Foria. Dichiarazioni che l’uomo, gravemente indiziato di
quella morte, ha poi parzialmente rettificato, in presenza del
suo avvocato, aggiungendo di avere avuto “un capogiro” quando
teneva il piccolo in braccio.
Cannio, che ha 38 anni, svolgeva lavori di pulizia non solo a
casa dei genitori del bimbo. Agli investigatori ha detto di
essere in cura per un disturbo caratterizzato da alterazione del
pensiero, della percezione, del comportamento e
dell’affettivita’ . Una patologia di cui la famiglia del bimbo non
era a conoscenza.
Agli inquirenti riferisce anche che dopo essersi allontanato
dal luogo della tragedia (senza prestare alcun soccorso) e’
andato a mangiare una pizza in piazza Sanita’ (“avevo una fase
nervosa scaturita dalla paura”) prima di andarsi a coricare (“mi
sono messo sul letto per riposare”) nell’abitazione di alcuni
suoi parenti, non molto distante da quella dove vive. Li’ ha
passato qualche ora e li’ e’ tornato dopo essere uscito per
consumare un cornetto e un cappuccino in un bar di via Duomo.
La Squadra Mobile riesce a rintracciarlo e a bloccarlo, in
quell’abitazione, grazie a un espediente. Malgrado sentisse
bussare alla porta, Cannio non ha mai aperto, simulando che in
casa non ci fosse nessuno. Gli agenti, pero’ , prima di andare
via, hanno infilato una bolletta dell’Enel sotto la porta e
quando hanno visto che qualcuno se la stava prendendo, sono
intervenuti.
Oggi, davanti al gip Valentina Gallo, l’indagato, difeso
dall’avvocato di fiducia Mariassunta Zotti, si e’ avvalso della
facolta’ di non rispondere. Non ha voluto fornire ulteriori
dettagli. Il giudice, ritenendo sussistente il pericolo di fuga
e, anche, “non pienamente accertato” il movente di un gesto che
definisce di “estrema gravita’ “, ha disposto la misura cautelare
del carcere per omicidio volontario aggravato, dopo avere
convalidato il fermo emesso sabato mattina. A questo punto resta
da accertare se Mariano Cannio fosse, quando e’ avvenuta la
tragedia, capace di intendere e di volere e, soprattutto, va
accertata la sua eventuale pericolosita’ sociale. Gli inquirenti
hanno raccolto e stanno ancora raccogliendo documentazione sul
suo stato di salute. E il prossimo passo da compiere potrebbe
essere proprio un incidente probatorio finalizzato a fugare ogni
dubbio sulla sua imputabilita’ .
Intanto, sul luogo della tragedia, proseguono le
manifestazioni di vicinanza e affetto nei confronti della
famiglia. A presidiare l’altare dedicato al piccolo ci sono un
gruppo di persone del posto. La rabbia della gente e’ cresciuta
ulteriormente soprattutto per i video dei piccolo che sono stati
diffusi in questi giorni sui social e nelle chat. “È una
tragedia – sbotta una donna – questa gente non ha cuore, ma non
pensano al dolore della madre. È uno schifo, non c’e’ un minimo
di umanita’ e di vergogna”. Rabbia che si manifesta anche quando
un passante si ferma, tira fuori il cellulare e inizia a filmare
l’altarino: subito viene ‘invitato’ a fermarsi e cancellare le
immagini. L’autopsia sul corpo del piccolo precedera’ le esequie,
in programma nei prossimi giorni.