Sonnolenza diurna, cedimenti muscolari improvvisi pur restando coscienti, aumenti di peso fino all’obesità, paralisi durante il sonno: sono alcune delle “spie” della narcolessia, malattia autoimmune ancora misteriosa
nelle cause e soprattutto molto difficile da riconoscere. Può essere confusa con epilessia, depressione, e questo fa sì che una diagnosi corretta arrivi anche dopo dieci anni dalla comparsa dei primi sintomi, con un impatto sociale e personale enorme per il malato. In Italia si stima che la patologia colpisca 20-25mila persone, mentre le diagnosi ‘certificate’ sono appena un migliaio. Da oggi però medici di base e specialisti di primo livello hanno uno strumento in più per riconoscerla: le “red flags”, o meglio degli indicatori “campanelli d’allarme” stilati da scienziati ed esperti. Un aiuto arriverà anche dal registro nazionale della malattia istituito da poche settimane dall’Istituto superiore di sanità e da un progetto di telemedicina appena finanziato dal Ministero della Salute. In un seminario all’ospedale Bellaria di Bologna, alla presenza dello scienziato Emmanuel Mignot, dell’Università di Stanford, la comunità medica ha fatto il punto su novità e sfide.
“In Italia sono circa mille i pazienti diagnosticati e
trattati” per la narcolessia, spiega all’ANSA Giuseppe Plazzi,
docente di neurologia all’Università di Bologna e presidente
dell’Associazione italiana di medicina del sonno, “ma si stima
che i malati siano molti di più, tra 20 e 25 mila”.
Si tratta di una “malattia rara, autoimmune, la cui causa
scatenante non è ancora stata individuata”. Si verifica quando
cellule prodotte in modo “abnorme” dal sistema immunitario
distruggono una particolare popolazione di neuroni,
indispensabile al mantenimento della veglia attiva. Non
diminuisce la speranza di vita dei malati, né provoca altre
patologie neurodegenerative, ma non va via e può essere curata
con farmaci sintomatici. “Altra grande novità di cui si è
parlato – aggiunge Plazzi – è la possibilità di rimpiazzare la
sostanza che va persa nel cervello con una di sintesi”.
I sintomi sono semplici eppure comuni ad altre patologie. Per
questo la narcolessia può non essere subito individuata con
effetti a volte devastanti: difficoltà nell’apprendimento,
possibilità di incidenti, di errori, perdita del lavoro e di
relazioni sociali. “Si manifesta soprattutto in bambini e
adolescenti e colpisce in modo eguale uomini e donne – prosegue
Plazzi – I lunghi tempi di diagnosi hanno conseguenze enormi
perché se si vive per 10-14 anni senza sapere cosa si ha, si
vive in modo frustrante”. Qui interviene la definizione delle
“red flags”, uno strumento in più per riconoscere in modo
tempestivo la malattia. Anche l’istituzione del registro
nazionale è “un’ottima notizia”, sottolinea Plazzi, “per la
prima volta sapremo chi sono e dove sono i malati, sapremo dove
e come intervenire”. Mentre il progetto di telemedicina al
Bellaria, insieme agli endocrinologi del Sant’Orsola di Bologna,
partirà a gennaio e punta a seguire pazienti anche a
distanza.