E’ decisamente piatta, e potrebbe forse esserlo troppo a lungo, la curva dell’epidemia di Covid-19
in Italia, tanto da rendere difficile pensare adesso alla
riapertura. Il rallentamento e’ tangibile nei dati, con i 2.339
registrati nelle ultime 24 ore contro i 2.477 del giorno
precedente, ma e’ altrettanto chiaro che si tratta di una
decrescita dei nuovi casi che procede in modo molto lento.
Eloquente anche il numero dei decessi: 766 in piu’ in 24 ore
contro l’aumento di 760 registrato giovedi’: dati che sono
costanti da giorni.
“La curva e’ molto piatta, siamo su una sorta di altopiano”,
ha detto all’ANSA il fisico Enzo Marinari, dell’Universita’
Sapienza di Roma. Il problema, ha rilevato, e’ che questa
situazione si sta protraendo troppo a lungo, per pensare a una
riapertura in tempi brevi. Resta alto anche il numero dei
pazienti in terapia intensiva.
“E’ una lentezza – ha proseguito – che sembrerebbe suggerire
che il fattore di trasmissibilita'”, ossia il fattore R che
indica il numero di persone che possono essere contagiate da chi
ha l’infezione, “si sia abbassato molto vicino a 1, ma di questo
non siamo davvero sicuri: e’ difficile andare verso la riapertura
se non c’e’ situazione stabile”. Per poter pensare a un’eventuale
fase 2 e’ necessario che l’indice R sia inferiore a uno: in quel
caso si assisterebbe alla riduzione dei casi. In caso contrario,
invece, non potrebbe che esserci un aumento. Questo, secondo
l’esperto, potrebbe indicare che “siamo al limite”, vale a dire
che “le misure di contenimento costituiscono il minimo assoluto
per non andare verso una crescita esponenziale: i dati- ha detto
– invitano a ragionare su questo”.
Una lieve riduzione si osserva in Lombardia, dove si comincia
a vedere un calo nel numero dei decessi, “ma non si vede lo
stesso su scala nazionale, dove i decessi sempre lo stesso
numero”.
Di rallentamento oggi ha parlato anche il presidente
dell’Istituto Superiore di Sanita’ (iss), Silvio Brusaferro, il
quale nella conferenza stampa organizzata dall’Istituto ha
rilevato che “non c’e’ nessuna zona del Paese dove il virus non
circoli, sebbene ci siano delle differenze da zona a zona”.
Senza dubbio, ha aggiunto, “la partita e’ ancora aperta” e siamo
quindi in gioco. Di conseguenza le misure di contenimento
continuano a essere la principale arma per contrastare
l’epidemia.
Nonostante qualche segnale incoraggiante, per Brusaferro
bisogna comunque considerare, che “non e’ detto che la curva
scenda per forza. Se non saremo efficaci nel mantenere il
distanziamento, quella discesa potrebbe interrompere e si
creerebbe una valle per poi ricrescere”.
Dell’efficacia delle misure restrittive ha parlato anche
l’epidemiologo Giovanni Rezza, dell’Iss, per il quale senza il
lockdown in sei mesi avremmo avuto un’immunita’ di gregge a costo
di un altissimo costo in termini di morti. “Se avessimo mollato
al Sud – ha proseguito – avremmo avuto tante Codogno”. Adesso,
invece, e’ possibile guardare al Sud con un “moderato ottimismo”.
Guardando alla riapertura, poi, per Rezza non potra’ che
essere graduale per ridurre al minimo il rischio di una ripresa
del numero dei casi, anche perche’ l’indice di trasmissibilita’ e’
attualmente in media intorno a 1, ossia una persona con
l’infezione puo’ trasmetterla a un’altra, ma varia da regione a
regione.